09 dicembre 2006

Mud and Glo


Letteralmente "mud dweller" sta per "abitatore del fango". Fino ad un anno e mezzo fa ignoravo l'esistenza di un biotopo simile nel lago tanganica, o meglio, ignoravo che dei ciclidi si fossero specializzati nel viverci.
Mai sottovalutare i ciclidi!!!

Insomma, e per farla breve, un anno e mezzo fa, un pesciofilo più pazzo di me, torna dal congresso AIC di Faenza e racconta di questi mirabolanti ciclidini. Poco dopo un altro pesciofilo ha la brillante idea di regalarmi il libro di Konings sui ciclidi tanganicensi (anche al congresso AIC il relatore era Konings).

 

I presupposti per una vaschetta c'erano tutti. Bisognava solo studiare. Dallo studio, matto e disperatissimo, notai subito due cose. La prima è che il fango in acquario non è facile farlo. La seconda è che i tunnel naturali nel fango/sabbia sono impossibile da realizzare in vasca. Come realizzare una vasca per piccoli ciclidi scavatunnel abitatori del fango se poi non puoi avere né il fango né, tantomeno, i tunnel?




Che Dio benedica il polivinilcloruro!!! Sabbia e PVC.



Lava la sabbia, taglia il PVC, metti qualche roccetta, gusci di lumaca e un pò di Ceratophyllum sp. ed eccoti quà una vaschetta che tutto puo' ospitare...tranne che i piccoli mud dweller !!! Oddio, teoricamente ci stanno
ma credo di aver esagerato. Secondo me se li trovo e avranno voglia di deporre lo faranno dappertutto tranne che nei tubi interrati.
Per ora la lascio cosi poi si vedrà.

Qualcuno si starà chiedendo: ma che te ne frega di farli deporre dentro un tubo plasticoso se tanto, in cattività, possono deporre anche in un guscio vuoto o in un anfratto???
Qui sta il bello. Tutti i ciclidi che depongono su substrato hanno uova adesive. Le uova rimangono adese e non se ne vanno via con la corrente o per una goffa pinnata del genitore. Gli scava tunnel non fanno uova adesive (anche un ciclide mesoamericano a dir la verità). Qualcuno ha speculato sulla questione proponendo la non-adesività delle uova come primo passo verso l'incubazione orale. Più semplicemente credo che sia fondamentale avere delle uova libere di muoversi quando le deponi dentro un tunnel di sabbia e fango.
Vabbè in soldoni...voglio vedere queste uova e come vengono ventilate e curate.

Ma visto che girare per negozi in cerca di pesci strani, al momento, mi è difficile, mi sono riletto un articoletto bello interessante. Magari interessa a qualcuno.


Susceptibility of transgenic and wildtype zebra danios, Danio rerio, to predation
Cortemaglia/ Beitinger Environmental Biology of Fish Volume 76, Number 1/May, 2006Il piccolo ciprinide asiatico ha la sfortuna di essere apprezzato sia dagli acqauriofili che dai ricercatori che si occupano della biologia dello sviluppo dei vertebrati.
Equazione:

milioni di esemplari venduti in tutto il mondo + genoma sviscerato = Glofish.

Detta cosi fa paura. In realtà hanno messo un gene che codifica per una proteina fluorescente, che si esprime nel tessuto muscolare (di solito i pesci esprimono i loro colori con cellule specializzate nell'epidermide o nel derma). Ecco questo è più rassicurante, no?
Ma in realtà sono molto più preoccupanti le specie aliene, gli ibridi artificiali immessi in natura e l'antropizzazione degli habitat.
Si sa, gli OGM incutano molto più timore di una foresta primaria in fiamme.

Gli autori partono da un presupposto. Se un pesce fluo è presente in natura sono due gli aspetti che possono evidenziarsi.
O il pesce viene predato con più facilità oppure i predatori ne sono "spaventati" (aposematismo) e li predano di meno.

Gli autori hanno ulizzato come predatore dei Micropterus salmoides (predatore piscivoro e diurno) e come prede, oltre ai glofish, dei D. rerio con colorazione selvatica (presente in nordamerica come specie aliena in diversi stati) e delle gambusie (Gambusia affinis).

Intuitivamente si è portati a pensare al glofish in natura come ad una specie condannata alla predazione, senza scampo.
I risultati invece sono stati, per certi versi, sorprendenti.

I glofish non si discostano molto dalle frequenze di predazione degli altri due pesci.
Il lavoro è il primo del suo genere e soffre di qualche vizio di forma (pochi dati per il glofish), ma da già parecchi spunti.

Uno su tutti: se volete disfarvi dei glofish non fatelo in natura pensando ad una morte certa ad opera di qualche pesce più grosso...potrebbe non essere cosi.

02 dicembre 2006

Link e note a margine.


Ho aggiunto qualche link. I siti, i forum e le mailing list segnalate provengono dai miei preferiti. Sono quelli che frequento maggiormente e che ritengo, ovviamente, più validi. Non sono tutti perché a modificare il codice non sono molto veloce e sbaglio spesso. Più in là ne metterò altri. Comunque sia non troverete mai un elenco di collegamenti esaustivo. Segnalo solo le cose che conosco, che frequento, che mi sembrano serie e che penso possano interessare anche ad altri. D'altronde il web è pieno di directory con centinaia di siti.
Non ho messo link legati all'acquariofilia sensu stricto perché credo sia solo un aspetto contingente. A volte anche fastidioso...ma tant'è. E cmq ci sono le directory sopra citate a fornire tutte le informazioni sui siti acquariofili.

Pioggia di articoli tecnici.

Kullander ha proposto un modello che spiega l'attuale situazione del genere Symphysodon.
Interessante l'approccio eco-evolutivo. Simpatica invece l'abolizione di due sottospecie e la "riesumazione" di un nome specifico vecchio di 40 anni (S. tarzoo).

Inquitante invece l'articolo, apparso recentemente su Journal of fish biology, rigurdante le transfaunazioni di alcune specie del genere Cichla. Ancora non l'ho letto ma l'abstract promette male.

Lamboj e Schelly hanno descritto un "nuovo" cromidotilapino, Nanochromis teugelsi.
Di questo non ho ancora letto nemmeno l'abstract. Vedremo cosa viene fuori.

Sempre dalla penna di Kullander , qualche mese fa, è uscito un interessantissimo articolo sulle Crenicichla.
Revisione e descrizione di tre nuove specie:
A review of the species of Crenicichla (Teleostei: Cichlidae) from the Atlantic coastal rivers of southeastern Brazil from Bahia to Rio Grande do Sul States, with descriptions of three new species Larticolo è apparso sul secondo
L'articolo è apparso sul secondo numero del 2006 di Neotropical Ichthyology.

Ultimissima segnalazione.
Sul numero di Hydra appena pubblicato c'è un interessantissimo articolo di Emiliano di Cicco che parla della malattia del buco.
Lo consiglio a tutti. Ben scritto, interessante e pieno di spunti seri. Tra l'altro fa piacere vedere come gli italiani stiano diventando più bravi dei soliti autori stranieri.



26 novembre 2006

Dicrossi, accette e fiori singalesi



I Dicrossus filamentosus sono pronti. Hanno passato qualche settimana al "freddo e al gelo" (T bassa e conducibilità alta), le femmine sono belle cicciotte e il maschio...il maschio è pronto (vedi foto...chiamiamole cosi).

Questa volta il cambio di stagione passa attraverso una diversa preparazione dell'acqua. Piovana/Torba+Equilibrium. Uso da anni la piovana al posto della RO e la torba di sfagno al posto della torba in granuli ad uso acquariofilo. La vera novità, almeno per me, è l'aumento della conducibilità attrarso i sali Seachem. Questo perché ho sposato in pieno, almeno in linea teorica, la tesi di Nonno Wright (chi legge il forum Singaporeano di killies.com, sa di cosa parlo).
Tranquillizo l'amico Signifer, artefice, tra l'altro, dell'innesco esplosivo delle toerie singaporeane testè citate.
La coppia di Aphyosemion (Chromaphyosemion) bivittatum Funge, sta benissimo!!! Mangia con gusto chiro congelati, dafnie vive e granulare. Li rimpinzo ancora un po' e pure loro avranno il tanto agognato aumento di T. Hai visto mai che ci scappa qualche ovetto?




Le Malpulutta kretseri protagoniste dell'ultimo post stanno benone, i giovanili crescono e la coppia è sana (anche perché ho solo una femmina adulta che tengo sotto stretta sorveglianza). Purtroppo il nido oggetto delle mie apprensioni è stato un fuoco di paglia. Dopo averlo aspirato ho constatato che non c'era stato l'accoppiamento. Devo isolarlo sto maschietto "on fire"...





Ultima nota per le Carnegiella sp. I guru mi hanno detto che potrebbero anche non essere C. strigata strigata e nel frattempo il nome specifico lo eviterei (le sottospecie del genere sono state revisionate e non sono più valide, qui la metto solo per comodità). Il gruppeto va infoltito se no li ovetti quando me li fanno? Ho notato, in questo brevissimo lasso di tempo, che non sono gregari se non c'è un pericolo percepito (ma questa è un po' una prassi nei piccoli caraciformi), anzi, spesso, mostrano una spiccata territorialità.



04 novembre 2006

Malpulutta. Bolle, avannotti e tanta pazienza.





Mai visti avannotti cosi piccoli. Neanche con i protozoi figli delle bucce di banana riesco a tirarli su.
Provero' con tuorlo d'uovo e nauplii di copepodi. Il padre incurante del freddo di questi gg e forte del suo dominio in vasca sembra quasi annoiarsi di fronte ai miei goffi tentativi di alimentare la sua prole. Ingrato (anche se bellissimo), se non collabora non gli attacco il riscaldatore quest'anno.




Se non ne salvo neanche uno butto tutto all'aria e mi do agli incubatori orali o ai reofili. Ne fanno pochi ma almeno non devo stare li a imboccarli 12 volte al giorno. Questa volta poi ha fatto il nido in una cavità inaccessibile. Sono tentato, quasi quasi aspiro tutto e schiudo a parte.


03 novembre 2006

Leaf litter. Il popolo delle foglie.


Quanto sono importanti le foglie secche in natura?

Secondo gli ecologi tantissimo. Le foglie sono una quota importante della biomassa che entra in gioco negli ecosistemi acquatici (secondo Marshall stiamo intorno alle 5-7 tonnellate per ettaro all'anno di materia organica che si riversa nel rio Negro; principalmente sotto forma di foglie).
Al contrario degli ecosistemi terrestri, dove a farla da padrone sono le "catene del pascolo" contraddistinte da un'elevata produttività legata all'azione dei produttori primari autotrofi (piante), nei fiumi è più corretto parlare di "catena del detrito"  in quanto la produzione primaria legata ad alghe e macrofite acquatiche non è paragonabile ad altre realtà ecologiche, e dove, quindi, il materiale "alloctono" gioca un ruolo fondamentale nell'immissione di materia ed energia in un bioma, quello lotico (fiumi), che vede, almeno nei tratti iniziali un rapporto tra produzione e respirazione fortemente sbilanciato verso la seconda componente.
Oltre alla loro valenza "energetica" le foglie offrono ai pesci riparo, cibo (indirettamente) per loro e per gli avannotti, substrati per la deposizione e tutte quelle specie chimiche che entrano in gioco nella chimica dell'acqua (e.g. tannini e acidi umici).
Ma i vertebrati sono forse gli ultimi e meno importanti utlizzatori di questa fondamentale risorsa. Batteri, muffe, protozoi, crostacei, anelliidi, larve acquatiche di insetti; tutti partecipano al banchetto offerto da questi "banali" residui di vita dal mondo emerso.

E' ovviamente impossibile ricreare in acquario tutte queste situazioni ecologiche (tanto per dirne una, banale ma fondamentale, l'acquario non è un sistema lotico), anzi, a dir la verità, riuscire ad utlizzarle in maniera utile e soddisfacente non è semplicissimo. Più che altro è possibile giocarci un poco per quanto riguarda le interazione con i pesci.
Ecco la mia personale esperienza.

E' qualche anno, ormai, che uso foglie secche in acquario. Prima di far vedere qualche foto e fare qualche considerazione, una piccola premessa. Le foglie vanno raccolte a terra. Questo è importante perché la senescenza fogliare è un processo molto complesso regolato da ormoni specifici che comandano azioni specifiche da parte della pianta. Le piante non sono fesse, prima di "amputarsi" richiamano tutto quello che possono recuperare. Liquidi, sostanze nutritive, riciclano strutture cellulari per quanto possibile. Ciò che rimane, in soldoni, sono le componenti della parete che sono il primo passo verso le specie chimiche di cui sopra (tannini). Quindi una foglia secca reccolta a terra e non ancora decomposta (siamo fortunati, il nostro clima temperato ci permette di raccogliere le foglie anche dopo settimane dalla loro caduta, ai tropici, la degradazione ad opera di invertebrati, muffe e batteri è molto più veloce), ci permette di avere quello che ci serve:
 - resistenza meccanica (data dalla parete ancora "integra")
 - acidificanti naturali
- scarse concentrazioni di quelle sostanze che porterebbero ad un inesorabile marcescenza in acqua (situazione possibile con le foglie fresche e che porterebbe non pochi problemi in un sistema chiuso come un acquario).

Ovviamente non tutte le foglie sono adatte. Quelle che ho provato in questi anni sono state le foglie di faggio, quercia e olmo.

La prima volta usai foglie di faggio raccolte in una faggeta in provincia di Rieti. In quella vasca ospitai alcuni ciclidi nani che poco hanno a che fare con la lettiera in natura (M. ramirezi, A.borelli e A. panduro). A parte i M. ramirezi , che vivono in corpi idrici di savana e che quindi hanno pochissime possibilità di relazionarsi con una lettiera in natura, gli apistogramma presentano una certa variabilità nei biotopi in cui si sono specializzati. E A. borelli e A. panduro non sono di certo tra le specie specializzate a vivere tra le foglie. Ma da qualche parte dovevo pur iniziare, no?




Nella foto si vede la coppia di A. borelli "opal" sopra la lettiera. Per quanto mi riguarda le foglie di faggio sono, esteticamente, le più accattivanti. Rispetto a quelle di quercia e olmo decompongono più rapidamente formando una "melma" finissima. Purtroppo la foto è di pessima qualità (sono un pessimo fotografo, si vede?), e non si riesce ad apprezzare il tutto. Le femmine di apisto sono più propense ad "immergersi" nelle foglie, i maschi sono più riluttanti. Le foglie offrono la possibilità di avere microfauna sempre disponibile per i pesci. Ovviamente ciò dipende dal numero di pesci, dallo spessore della lettiera e dalla superficie della vasca. Ma è facile mantenere un certo numero di Copepodi, Ostracodi e microorganismi grazie all'uso delle foglie secche. Niente di eccezionale, ovviamente, e i pesci devono essere alimentati lo stesso. Ma questa microfauna mantiene "vigili" i pesci per quanto riguarda lo stanare il cibo vivo. Senza contare che offre qualche risorsa alimentare in più per gli avannotti.




Foglie di quercia. Rispetto alle altre queste vengono da più lontano. Me le ha mandate un amica olandese insieme a dei pesci. Ovviamente un albero di quercia non è difficile da trovare quindi vanno benissimo anche le foglie nostrane.
La decomposizione è molto più lenta, le dimensioni sono molto maggiori rispetto alle altre e anche le lumachine (le principali artefici della decomposizone meccanica), fanno fatica a "mangiarle". Viste le loro dimensioni è possibile fare uno strato più alto senza per questo usare migliaia di foglie. Sono quelle più usate soprattutto per i ciclidi nani e i labirintidi asiatici di piccole dimensioni. Sono un ottimo substrato per la deposizione per quelle specie più affini alla lettiera in natura (alcune specie di apistogramma e altri ciclidi nani sudamericani)






Le ultime che ho voluto provare sono state le foglie di olmo. Dopo la bollitura (d'obbligo per tutte le foglie che metterete in vasca), le ho messe nella vasca più grande. Un 80x40 che ospita un trio di Dicrossus filamentosus e un gruppetto di Carnegiella strigata. I Dicrossus sono, probabilmente, i più adatti a vivere tra le foglie. Lo suggerisce la forma del corpo, l'alimentazione (piccoli crostacei), i grandi occhi (in natura si alimentano maggiormente durante le ore crepuscolari) e i colori sgargianti del maschio in parata. I loro comportamenti in acquario denotano una certa confidenza con questa soluzione ambientale. Rovistano in continuazione tra le foglie e sotto di esse, e quando non sono convinti prendono con la bocca il lembo di una foglia e la sollevano. Una volta spostata iniziano a cercare i piccoli animaletti di cui si nutrono; con una precisione "chirurgica", grazie alla conformazione della bocca, riescono a predare anche i Cyclops più piccoli. E' un emozione vederli prendere con la forza foglie molto più grandi di loro.
Non so se questo è un comportamennto naturale e non ho la presunzione di considerare la vasca come un biotopo fedele. Ma, obiettivamente, le possibilità che offre un approccio diverso all'allevamento dei pesci sono infinite. Questa forse ne è la dimostrazione.

L'ultima esperienza è po' diversa. Ho usato foglie di mandorlo (Terminalia katappa). Non è un esperienza analoga. Non si possono tenere in vasca per molto tempo (massimo 3 settimane) e vengono usate per stimolare alla riproduzione le specie più delicate e per le uova più sensibili agli attacchi fungini. Purtroppo non ho foto da mostrare ma comunque non sarebbero state in topic.

Concludo questa mia piccola e poco autorevole esperienza con un paio di raccomandazioni. Come detto prima le foglie vanno raccolte secche; vanno fatte bollire (anche in acqua di rubinetto) per almeno 10 minuti; il filtro meccanico è sicuramente sottoposto ad un duro lavoro a causa della decomposizione delle foglie, quindi ricordatevi di pulirlo regolarmente; la melma che si forma non è tossica (forse ne riparlerò); sotto la lettiera ho sempre sabbia fine e nessuna pianta radicata, se mettete le foglie sopra un pratino vegetante in una vasca olandese/zen create solo problemi; quando cambiate l'acqua evitate l' effetto "Niagara Falls", sul fondo si alzerebbe una nube in modalità fallout nucleare;   la lettiera puo' essere "attivata biologicamente" con una serie di microorganismi che prepareremo a parte (ora non ho tempo ma ci tornero' sopra quando affrontero il tema "melma")

Le foglie secche non fanno miracoli e per certi versi sono anche scomode da gestire. Ma volete mettere la soddisfazione di poter osservare l'inafferrabile popolo delle foglie comodamente seduti a casa vostra?



Testi e articoli consultati:

Marshall et al. 2008. Autotrophic energy sources for Paracheirodon axelrodi
(Osteichthyes, Characidae) in the middle Negro River,
Central Amazon, Brazil. Hydrobiologia (2008) 596:95–103

Taiz L., Staiger E. Fisiologia Vegetale.
Piccin Editore

Fenoglio S., Bo T., 2009. Lineamenti di ecologia fluviale 
Città Studi Editore

01 novembre 2006

percomorfo metamorfosante

A dire la verità ancora non so bene cosa scrivere. Magari potrei parlare della vasca che ho appena allestito per alcuni mud dweller oppure mettere giù due righe e qualche foto dei  Gasteropelecidi per cui ho recentemente perso la testa. No, no, meglio scrivere qualcosa sull'ultimo Nanochromis descritto da Lamboj o fare qualche speculazione sulla popolazione "conservatrice" di Apistogramma sp. "maulbruter". Oppure...oppure niente. La vascica natatoria è ancora sgonfia, i piccoli opercoli fanno i loro primi gesti ritmici, la bocca è quello che è, gli occhi, si, quelli ci sono...il percomorfo sta metamorfosando. Lasciamolo tranquillo.

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