07 dicembre 2007

In the wild

Lagune del Molles


JC Nourissat una volta disse che la parte più difficile di un viaggio è decidere di partire.
Per chi resta a casa, invece, la parte più difficile è non morire di invidia vedendo le foto e leggendo i racconti di chi, dal viaggio , è ritornato.

Gli americani, con il loro materialismo pragmatico, li chiamano collection trip. Non rende l'idea secondo me. C'è un surplus emozionale che trasuda dai racconti di chi ha visto e toccato con mano.

Chi resta a casa però può ancora fare qualcosa. Ascoltare, leggere e imparare. Molte delle cose che si comprendono in questi casi non sono scritte nei libri.

Bentornato Enrico...e grazie!

Gymnogeophagus labiatus
Australoheros sp. "Arroyo ceibalito"

04 dicembre 2007

Autocelebrativo


"Lamprologus" kungweensis


"Io stimo più il trovar un vero, benché di cosa leggiera,
che 'l disputar lungamente delle massime
questioni senza conseguir verità nissuna"
Galileo Galilei


Troppo tardi direbbe qualcuno. Ma io me ne infischio e autocelebro, in ritardo, questo blog e il suo anno di vita. Poca cosa e "leggiera" ma per me importante. Fonte per stimoli che stavo perdendo e che invece ho capito essere duraturi anche se spesso sopiti. Tredici mesi dal primo post. Troppo e troppo poco allo stesso tempo. Troppo perché veramente non sapevo cosa scrivere. Troppo poco perché, ora, non saprei più come fermarmi .

E sia, si va avanti, come sempre, sconclusionati, cacofonici e arbitrari. Il bello a volte sembra solo questo. Sono in debito con qualche persona.
Spero di rendere indietro qualcosa con questo mio percomorfo

30 novembre 2007

Articolatio magistralis





Ci stavano bene anche i mudskipper ma questi sono più fighi.


Per l'antennarius: copyright David Harasti. http://www.scuba-equipment-usa.com

Per la Teleocichla sp. Xingu III: Remon sul forum CRC. http://www.cichlidae.com/forum/

27 novembre 2007

Letture di mezzanotte

I titoli sono un pugno nello stomaco per la brutezza. Sarebbe bastato tradurre alla lettera i titoli originali ("The end of the line", per il primo; "Darwin's dreampond"* per il secondo) per evitare sensazionalismi e richiami esotici che paiono del tutto fuori luogo vista la portata, e la potenza, dei due temi trattati.
Diversa l'estrazione dei due autori. Clover è un giornalista, Goldschmidt un ricercatore. Non importa comunque, i due libri sono belli, scorrevoli e "avvincenti".


Il primo parla dell'overfishing (pescare troppo pesce, per troppo tempo e in troppi posti), con la valanga di conseguenze accessorie. Estinzioni, blocchi della pesca, povertà e fame nel mondo. Il taglio, a tratti ambientalista (un difetto grave), è ispirato da una certa accuratezza spesso difficile da trovare nei giornalisti.
Lode al merito per il solo fatto di trattare uno dei lati più oscuri, anzi, dannatamente bui, dello sfruttamento sostenibile (si si, è un ossimoro).



Il secondo libro è più famoso. Testo divulgativo di un autore che ha prodotto ottima letteratura tecnica. Più avvincente del primo forse. L'unico difetto è la data di pubblicazione, 1994, perché nel frattempo la situazione è peggiorata.
Molto meglio la parte tecnica del problema. Una radiazione di questo tipo (simpatrica, veloce e monofiletica) è un qualcosa di difficile comprensione e divulgazione. Goldschmidt ci riesce alla grande senza lasciarsi travolgere dai moti emozional-ambientalistici caratteristici delle discussioni sulla conservazione del lago Vittoria.



*Il titolo dell'edizione originale è olandese in realtà. Ho messo quello dell'edizione inglese che dovrebbe essere abbastanza fedele.

10 ottobre 2007

Roba da matti, mi hanno tolto il giocattolo!

A systematic revision of the genus Archocentrus (Perciformes: Cichlidae), with the description of two new genera and six new species JUAN J. SCHMITTER-SOTO Zootaxa 1603: 1–78 (2007)

Il titolo è mite, nasconde fin troppo bene le sue settantotto (78) pagine piene di numeri, foto, mappe, nuove descrizioni e corpose revisioni. Ed io che sognavo ancora anni e anni di botta e risposta con Enrico sulla dicotomia Archocentrus/Cryptoheros; non è giusto!
E poi Amatitlania nigrofasciata non mi piace per niente. Sembra il nome di un orchidea non quello di uno dei ciclidi più cazzuti del mondo. Amen.
Lavoro archiviato, come priorità lo retrocedo ai bugiardini dei farmaci omeopatici, scaduti, di mia madre.

28 settembre 2007

Interagire

Corydoras habrosus Weitzman, 1960



La nostra ammirazione non diminuiva. Ned continuava a nominare i pesci, Conseil li classificava; io mi estasiavo per la vivacità dei movimenti e la bellezza delle forme. Non avevo mai sorpreso i pesci, finora, liberi nel loro elemento naturale.”


"Ventimila leghe sotto i mari"
Jules Verne



Un paio di post addietro accennavo alla diversità dei siluriformi. In realtà questo taxon è solo la punta di un iceberg di diversità animale, con le vertebre, che vive sotto il pelo dell’acqua. Quando Peter B. Moyle (il coautore del miglior testo introduttivo all’ittiologia oggi sul mercato), parla dell’uomo come di un ramo “aberrante” dell’evoluzione dei pesci , non solo fa una provocazione basata su di un dato oggettivo ma richiama, implicitamente, alla complessità di un mondo che, molto probabilmente, non ha eguali tra i vertebrati.

Leggendo un articolo appena apparso sulla rivista Neotropical Ichthyology me ne è subito venuto in mente un altro che avevo letto un paio di anni fa. I due articoli sono apparentemente molto semplici. Non sono eclatanti, anzi danno l’idea di essere due lavori di routine. Eppure ,per certi aspetti ,mettono in evidenza aspetti unici di un mondo a noi troppo poco familiare.
Vabbè comincio col primo, quello più recente.

Mangiare è importante, serve ad ottenere energia e materiali per vivere, crescere e procreare. Mangiare però è faticoso e dove si può si fa economia. Lo sanno benissimo i pesci marini e i ciclidi dei grandi laghi. Se un grosso pesce grufola sul fondo o raschia una grossa roccia e molto probabile che un po’ di cibo, a basso costo, sfugga alla sua attenzione rendendosi disponibile per pesci più piccoli e “pigri“.
C’è addirittura un caracide (Brycon microlepis) che segue, per quanto può ovviamente, gruppi di scimmie,Cebus apella, che mangiano frutti e foglie sui rami di alberi che danno direttamente sul fiume. Tutto quello che sfugge alle scimmiette finisce nella pancia dei caracidi. Altre associazioni sono note ma quella presa in considerazione è particolarmente affascinante. Prima la descrivo e poi spiego perché è più affascinante delle altre.

Characidium fasciatum Reinhardt, 1867
By User:Haplochromis (Own work (own Photo)) CC-BY-SA-3.0  via Wikimedia Commons
Solitamente i piccoli e simpatici caracidi del genere Characidium (poco diffusi nel nostro hobby), si alimentano seguendo due strategie. Nella prima, detta del “sit and wait predation”, un esemplare si mette contro corrente sul fondo e aspetta che salti fuori qualche animaletto succoso o che arrivi un po’ di cibo portato dalla corrente. Nella seconda strategia, detta “hunting by speculation”, il nostro piccolo eroe gironzola attivamente sul fondo a caccia di cibo nel periphyton (d’ora in poi userò il termine aufwuchs che a noi acquariofili è più familiare e ci piace di più).
Il cibo preferito? Niente di più buono che larve e ninfe di insetti. chironomidi, simulidi e efemerotteri vanno per la maggiore. Fin qui tutto bene. Ma in un piccolo fiume,il Rio Ouro, del bacino idrografico del Macaé (in Brasile), alcuni esemplari di Characidium sp. seguono i piccoli Parotocinclus maculicauda mentre si alimentano.




Solitamente i loricaridi si alimentano quando c’è poca luce. La sottofamiglia degli Hypoptomatinae fa però eccezione. Si alimentano di giorno e questo, insieme alla condivisione del microhabitat, ha permesso ai caracidi di sfruttare questa opportunità.
Ovviamente questo non è l’unico caso accertato tra due specie di acqua dolce (e.g. Corydoras polystictus <-- Astyanax bimaculatus), ma i report sono pochi, più per mancanza di persone disposte a stare a mollo per un mese, per un stipendio da fame, che per presunta rarità del fenomeno.
Ok ok…ma alla fine di tutto? Un pesce ne insegue un altro, fanno il trenino insomma; uno, quello davanti, si fa il mazzo, mentre quello di dietro segue e aspetta che salti fuori qualcosa di buono. Opportunismo neanche troppo sfacciato.
Non siete affascinati come lo sono io? Eppure le due specie sono piccoline, con un po’ di fatica si possono anche trovare, non serve una mega vasca per provare ad allevarli insieme; ecco l’ho detto, confesso, questo è l’unico vero motivo che rende questa associazione cosi affascinante per me. La possibilità di poterla osservare “fatta in casa”, è questo che a noi “ittiofili della domenica, ci rende cosi fortunati.
Ovviamente rimane sempre l’ipotesi delle scimmie, ben più affascinante per certi aspetti, ma, diciamo cosi, un pelino meno praticabile.

Bene, se per il mangiare abbiamo risolto passiamo ad un altro problema affine.
Come non essere mangiati.

Le specie del genere Corydoras sono molto tranquille e carine. Nulla farebbe sospettare ad un osservatore distratto due caratteristiche peculiari. I Corydoras sono corazzati e vanno in giro armati fino ai denti. La corazza è fatta di placche ossee che conferiscono ai traccagnotti abitanti dei fiumi neotropicali un corpo massiccio e robusto. Le armi sono tre spine dure ed acuminate, una dorsale e due sulle pelviche, che scoraggerebbero qualsiasi predatore all’incauto boccone (chi ha provato almeno una volta a “maneggiarli” sa di cosa parlo). Ma per questi piccoli carriarmati non finisce qui. La colorazione criptica e la capacità che hanno di confondersi col substrato (freezing behavior) in presenza di un predatore (e.g., Crenicichla spp. e Hoplias spp.), li mette definitivamente al sicuro da un elevato tasso di predazione.

Ora immaginate di essere un piccolo pescetto simpatrico, condividete il microhabitat e avete grosso modo le stesse abitutidini. Avete un problemino però, siete più appetitosi dei corydoras.
Cosa è più facile: armarsi fino ai denti come loro o copiare la facciata nella speranza che i predatori vi confondano con i piccoli botoli corazzati?
Buono la seconda ovviamente. Questo devono aver pensato gli Otocinclus. Ed eccoci qua a contemplare un complesso caso di mimetismo batesiano. Complesso non nella sostanza ma nelle implicazioni filogenetiche. Le implicazioni le lascio per un altro momento che oltre che essere complesse sono pure complicate (rimando alla bibliografia per chi volesse approfondire).

Quindi abbiamo un modello (Corydoras spp.), un mimo (Otocinclus spp.) e un ricevitore di segnale (ciclidi, caracidi o altri siluriformi predatori):


Corydoras diphyes <-- Otocinclus mimulus

C. nattereri <-- O. affinis


C. garbei <-- O. xakriaba


C. paleatus <-- O. flexilis



Il mimetismo batesiano è una faccenda non molto lineare. Nel senso che prevede dei polimorfismi del modello che si sovrappongono o sostituiscono, nel tempo, in equilibrio con le frequenze del mimo. In C. diphyes infatti sono due i fenotipi che si possono trovare, una a macchie l’altro a righe (da qui il nome speifico).

Insomma, e per concludere, chi lo avrebbe mai detto che dietro comuni pesciolini d’acquario si celava una cosi articolata, e in larga parte ancora sconosciuta, diversità di situazioni ecologiche?

Infinite forme bellissime scriveva qualcuno. Non aveva tutti i torti.





Testi e articoli consultati:

Rafael P. Leitão, Érica P. Caramaschi and Jansen Zuanon.
Following food clouds: feeding association between a minute loricariid and
a characidiin species in an Atlantic Forest stream, Southeastern Brazil
Neotropical Ichthyology, 5(3):307-310, 2007

Axenrot, T.E. and S.O. Kullander, 2003. Corydoras diphyes (Siluriformes: Callichthyidae) and Otocinclus mimulus (Siluriformes: Loricariidae), two new species of catfishes from Paraguay, a case of mimetic association. Ichthyol. Explor. Freshwat. 14(3):249-272.

Wickler W. Mimetismo animale e vegetale.
Franco Muzzio Editore.

24 luglio 2007

Congochromis

Pelvicachromuis humilis Boulenger, 1916


Cuvier, con un occhio sulla Genesi e l'altro sulla natura, si sforzava di riuscir gradito alla reazione bigotta mettendo d'accordo i fossili coi testi e facendo blandire Mosè dai mastodonti


"I miserabili"
Victor Hugo
Molto spesso ci si lamenta della velocità con la quale i nomi dei pesci cambiano.
In realtà questo tipo di cambiamenti non solo sono necessari, ma sono anche un ottimo sintomo dei progressi scientifici.
Un buon esempio è la nuova revisione del genere
Nanochromis (a fine post lascio il riferimento bibliografico), accompagnata dalla descrizione di una nuova specie.


Nel 2004 Anton Lamboj, nel suo splendido libro sui ciclidi dell'africa occidentale, aveva già diviso ufficiosamente il genere
Nanochromis in due sottogruppi (cosa fatta anche per il genere Pelvicachromis):

Gruppo I:
N. consortus
N. nudiceps
N. parilus
N. splendens
N. sp. "Kasai"

Gruppo II:
N. dimidiatus
N. squamiceps
N. sp. "Genema"
N. sp. "Bloody Mary"
N. sp. "Green Speckle"

N. minor (non apparteneva a nessuno dei due sottogruppi di Lamboj)

Nel frattempo i ciclidi dell'africa centro-occidentale avevano catalizzato un rinnovato interesse nei loro confronti e nel bel mezzo dell descrizione di una nuova specie,
N. wickleri nel 2006, gli autori, M.L.J. Stiassny e U. Schliewen, tiravano le somme su quello che era lo stato dell'arte della sistematica del genere Nanochromis.
Ampliando l'intuizione di Lamboj la lista era cosi aggiornata:

N. nudiceps Group:

N, nudiceps
N. consortus
N. minor
N. parilus
N. splendens
N. teugelsi
N. transvestitus
N. wickleri


N. squamiceps
Group:

N. squamiceps
N. dimidiatus
N. sabinae

Ora, se per il nudiceps group la storia rimane invariata, per lo squamiceps gruop tutto è cambiato.
Non sono più
Nanochromis ma bensi' Congochromis e alle tre specie del gruppo se ne aggiunge un altra (Congochromis pugnatus).
Quindi:

Congochromis squamiceps
C. dimidiatus
C. sabinae
C. pugnatus


Il nuovo nome generico deriva ovviamente dalla distribuzione di queste specie in natura. Infatti tutti e due i generi (Nanochromis e Congochromis), hanno un reale di distribuzione che è ristretto, per modo di dire, al bacino idrografico del fiume Congo (gli stati interessati sono la Repubblica Centroafricana e la Repubblica Democratica del Congo).

Secondo Lamboj le differenze ecologiche maggiori risiedono nel fatto che il suo ex-"gruppo II", ora Congochromis, è meno reofilo del primo. Ma in realtà si sa davvero poco sull'ecologia di questi pesci. Speriamo che il nuovo slancio tassonomico porti con se anche nuove conoscenze sotto questo punto di vista.


Testi e articoli consultati:

Stiassny, M.L.J. and U.K. Schliewen. Congochromis, a new cichlid genus (Teleostei: Cichlidae) from central Africa, with a description of a new species from the upper Congo River, Democratic Republic of Congo. American Museum Novitates. 3576:1-14

Schliewen, U.K. & Stiassny, M.L.J.
A new species of Nanochromis (Teleostei: Cichlidae) from Lake Mai Ndombe, central Congo Basin, Democraic Republic of Congo
Zootaxa 1169: 33-46 (10 apr. 2006)

Lamboj, A. 2004. The cichlid fishes of western Africa
Bornheim: Birgit Schmettkamp Verlag, 255 pp.

19 luglio 2007

Catfish Atlas Vol.1

31 famiglie, 2600 specie ( il 64% sudamericane), una delle specie più piccole al mondo (Micromyzon akama 12mm), alcune delle più grandi (Silurus glanis 5m e Pangasionodon gigas 3m x 300kg), due famiglie, Ariidae e Plotosidae, che vivono nei mari.

Questi sono solo alcuni dei numeri che caratterizzano i Siluriformi. Ovviamente c'è di più: lo sviluppo che ha avuto l'apparato Weberiano (una serie di ossicini, modificati dalle prime 4-5 vertebre, che connette la vescica natatoria all'orecchio interno) ha permesso la colonizzazione degli ambienti meno permissivi come biotopi di acque torbide e fangose dove la visibilità è scarissima, l'assenza di ossa intermuscolari li rende appetibili per le popolazioni locali bisognose di proteine a buon mercato, senza contare le diverse strategie riproduttive e la miriade di adattamenti morfologici.

A parte i pescigatto nostrani (Siluridae e Ictaluridae) che proprio bellissimi non sono; i pescigatto neotropicali (Loricariidae e Callichthydae), presentano specie incredibilmente belle e interessanti.
Letteralmenti "esplosi" nel mercato dei pesci ornamentali solo di recente, i piccoli siluriformi hanno raggiunto oggi uno status dignitoso.
Questo è stato possibile grazie all'opera di un paio di persone che hanno compreso come i pesci, in una vasca, non debbano avere un ruolo specifico se non quello dei protagonisti assoluti. Purtroppo c'è ancora chi ama e diffonde queste "etichette" (spazzino, pulisci vetro, mangialumache), ma si sa...è più facile ragionare con la testa d'altri che con la propria.

Tornando a quelle due e tre persona che hanno "cambiato il mondo" è impossibile non citare Larry Vires. Il suo libro, oramai introvabile, è la bibbia per eccellenza.
E' difficile commentarlo, il libro è molto tecnico e la lettura non è facilissima.
Nonostante sia stato scritto alla fine degli anni 90 è ancora molto valido. Questo testimonia la qualità delle esperienze e la capacità di sperimentare quando nessuno ancora "vedeva" davvero questi pesci.
Purtroppo è impossibile comprarlo e l'unico modo è quello di fotocopiarlo
(qualche furbone dice di vendere copie originali del libro, informatevi bene perché al 99,99% vi arrivano cmq le fotocopie).

Ecco volevo fare una breve introduzione a 'sti pesciotti, e al libro in oggetto, e mi sono dilungato.
Rimedio subito:


A parte le caratteristiche tecniche (questa la scheda della casa editrice (http://www.mergus.com/catfish_atlas_i.html) e alle recensioni in rete (ottima questa anche se sulla versione originale http://www.planetcatfish.com/books/books.php?article_id=2); posso dire che il ibro è davvero ben fatto.
Come con gli atlas dedicati ai ciclidi nani, anche qui la parte introduttiva è davvero buona e da sola già vale metà prezzo del libro. Incredibilmente accurata è la parte dedicata all'apparato di Weber; talmente tanto che forse non è "leggibile" proprio da tutti. Io la consiglio lo stesso però, perché comprendere il "come sono fatti" è il primo passo per capire "come allevarli al meglio".

I taxa descritti sono molti ma la maggior parte non è molto diffusa in commercio (i famosi L sono trattati nel secondo volume che deve ancora essere tradotto dal tedesco). Le foto sono ottime e spero davvero che siano della stessa qualità anche nel secondo volume (il secondo volume di Romer sui nani neotropicali ha foto orrende).
Il testo è scorrevole è di facile comprensione. L'accuratezza sistematica poi rende questo testo davvero importante.
Un difetto lo ha purtroppo...appena lo si finisce si avverte subito uno strano friccicorio nelle membra...è il bisogno impellente di allestire una vasca dedicata a questi pesci.

18 luglio 2007

Jump!

Saltano, saltano e ancora saltano.
Lo sanno tutti, lo so anche io che ho iniziato ad allevarli qualche anno fa ormai.
Eppure questa volta sono rimasto fregato.

La splendida coppia di Aphyosemion (Chromaphyosemion) bivittatum "Funge" un paio di mesi fa mi ha lasciato. In tempi diversi,prima il maschio e poi la femmina, hanno fatto il grande salto.

Il rammarico più grande, oltre a quello ben più grave della leggerezza fatta nel lasciare il minimo spiraglio libero in superficie, è quello di non averli mai immortalati come avrebbero meritato.

Metto una foto non mia di un maschio della stessa popolazione.



La foto è tratta da uno dei siti più belli sui killi. Dategli un'occhiata che ne vale davvero la pena:
http://www.alfanita.com/english.htm

L'incazzatura per la morte della coppia, e per le foto mai scattate, m'è passata presto però.
Qualcosa, almeno, ha funzionato.
Ecco l'avannotto più grande:

10 giugno 2007

Particolari

Dicrossus filamentosus Ladiges, 1958


25 aprile 2007

Primavera

Le vasche esterne sono pronte. Dopo un inverno passato tranquillamente sono state "riavviate" con un cambio parziale d'acqua. Le piante che c'erano sono ripartite spontaneamente (Lemna minor e Ceratophyllum sp.).
Altre sono state aggiunte qualche settimana fa (Eichornia crassipes, Phyllantus fluitans, Salvinia sp e Pistia stratiotes).

Metto le foto della vasca più anziana. E' in funzione da qualche anno e ora ospita la coppia di Aphyo e il gruppetto di Pseudomugil gertrudae (pesci che già avevo nella vasche in casa). Come ogni anno c'è stata, ai primi caldi, una fioritura di acqua verde. Un pò di dafnie hanno reso subito l'acqua trasparente.










Aggiorno anche la situazione dei N. similis.



Come si vede dalla foto la vasca è bella matura. La copertura biologica sulle rocce ha permesso alle covate (due, al momento), di crescere senza il bisogno dei nauplii di artemia. Grazie ai copepodi presenti in vasca gli avannotti trovano sempre parecchio cibo nell' aufwuchs. Appena li vedo cmq comincio ad alimentarli con secco di piccole dimensioni (Cyclopeeze e polvere SHG).



Il più grande appartiene alla prima covata e il più piccolo all'ultima. Questi due avannotti vivono assieme sotto una roccia. Altri avannotti hanno scelto altri anfratti, gusci vuoti o occupati (uno condivide la conchiglia scelta dal padre). Nesuno dei grandi "vive" con la madre.
Nei piccoli la parte più evidente è la banda arancio sulla dorsale e le pelviche celesti, la striatura tipica dei similis si manifesta molto tardi.

15 febbraio 2007

Libreria

Visto che sui pesci non ho foto recenti do un aggiornamento veloce.
I N. similis hanno dato alle stampe la prima covata. Cyclopeeze come se piovesse. Il maschio di Malpulutta ci riprova. Nido in una delle tante cavità offerte (una bella ampia questa volta). A questo punto aspetto la primavera per riprovare a tirare su qualche piccolo. I Dicrossus si stanno godendo il meritato "caldo". Le femmine sono grasse e "piene"; ma con questi è un terno al lotto e quindi non dico nulla.

Ma visto che le mani a mollo mi rilassano....
Ho preso tre coppie di Pseudomugil gertrudae e un gruppetto di Otocinclus sp. adulti. Dei blue-eyes è in preparazione un corposo post con tanto di foto e non mi dilungo. Sui piccoli sucker invece era già da un pò che meditavo su di una loro possibile sistemazione in una vasca dedicata. Un contenitore di una decina di litri, posto all'esterno, è già strapieno di alghe filamentose condite di copepodi e ostracodi. Quindi il cibo vivo c'è.
Manca solo la pazienza e la fortuna. Se per la prima sono a posto per la seconda mi sto attrezzando.

Inauguro anche una piccola rubrica.

Durante questi anni ho accumulato qualche volume di acquariofilia e ittiologia. Molti di questi volumi sono entrati nella mia piccola biblioteca in circostanze piene di tristezza, altri sono frutto di ricerche in giro per negozi online di mezzo mondo, altri ancora mi sono serviti per la preparazione di qualche esame. Quello che resta di tutte queste "vie traverse" sono l'amore che provo per i libri e per la lettura.
Qualcuno malignerà che da come scrivo non si direbbe. Ma io i libri li leggo, mica li scrivo.

Quindi da dove partire se non dall'ultimo arrivato?





Opera monumentale di Heiko Bleher sul discus. Primo volume in italiano. Metto le mani avanti dicendo subito che ancora non l'ho finito. In linea di massima si colloca nel segmento serio dell'acquariofilia moderna. Sulla scia dei vari Konings, Lamboj, Romer e Walstad. Insomma di quel tipo di acquariofilia che parte da un approccio scientifico per poi sfociare nel mondo hobbistico (non sempre, come Konings insegna).

Il libro è bello di per sé. Ottima fattura davvero. Per un giudizio sui contenuti forse è meglio aspettare l'uscita del secondo volume. Ma visti gli altri titoli disponibili sui discus (se avete 30 euro da buttare vi consiglio il libro di Degen Wild Caught Discus; sommo esempio di come scrivere un libro senza capo ne coda), questo non potrà che essere avanti anni luce.

Prime critiche.
Traduzione e adattamento. Potevano essere più curati.
A tornare indietro prenderei l'edizione in inglese.
Alcune immagini sono bruttine e i capitoli storici confusionari.
Il prezzo è alto, 80 euro non sono pochi (la metà sarebbe stato un prezzo corretto).

11 gennaio 2007

Come non detto. Il progetto dei tubi in pvc per i signatus e miseramente naufragato.
Non avevo fatto i conti con la propensione, che ha il pvc, di opacizzare in fretta se immerso in acqua continuativamente; ma il vero problema si è verificato con la formazione di sacche anossiche nella sabbia dei tubi dopo neanche un mese. Cose che ho ricordato di sapere solo a fatto compiuto. Vabbè...tanto gli scavatunnel non sono riuscito a trovarli.
Tolti i tubi e fatto un paio di giri nei posti noti ai ciclidofili romani, ecco quà una coppietta di "N". similis fresca fresca.




Per il resto che dire. I killi africani stanno diventando spaventosamente belli, i fiorellini singalesi continuano a riprodursi (e io continuo a non avere il tempo per tirare su avannotti) e ai dicrossi sto prolungando la stagione secca artificiale prima di indurli alla riproduzione (sempre per la mancanza di tempo di cui sopra).
Nel frattempo sto tenendo d'occhio una coppia di L.204 nel negozio di un amico ( lo so sono dei cagatruciolato professionisti ma a me fanno impazzire).

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