29 dicembre 2008

Consuntivo tassonomico di fine anno (2008)

La tassonomia non è morta. Anzi, sta benissimo. Qui trovate l'istogramma relativo ai lavori eseguiti quest'anno in relazione ai taxa interessati. Il sito di riferimento è questo. Ci sono tutti i riferimenti bibliografici in ordine alfabetico (sul primo autore ovviamente).





Rispetto agli anni passati c'è stato un incremeto notevole. Dai 364 nuovi taxa del 2005 si è arrivati ai 477 del 2008. Il numero, a prima vista impressionante, racchiude in se non solo descrizioni con nomi nuovi (cioè di specie mai descritte prima) ma anche revisioni di taxa già formalmente descritti. Revisioni che molto spesso hanno visto l'uso dell'analisi molecolare affiancata all'approccio anatomico classico. Leggendo alcuni lavori (come ad esempio quello sui Macropodus), è evidente come una descrizione unificante del concetto di specie sia ancora da definire. Se la biologia molecolare riuscirà a sciogliere il nodo gordiano (euristicamente parlando lo sta già facendo), sarà solo il tempo a dirlo. L'impressione è che molti siano ancora attaccati alla vecchia diagnostica anatomica; che tutto sommato, c'è da dirlo, offre sempre un certo grado di sicurezza psicologica.
In futuro una percentuale di questi nuovi lavori sarà revisionata parzialemte oppure verrà totalmente soppiantata da altri lavori. Di alcuni lavori verà corretta la grafia dei binomi o invalidata la priorità diagnostica di alcuni caratteri. La cosa, la tassonomia intendo, funziona cosi (e per fortuna).

Il grafico non lascia adito a dubbi. I pesci delle acque interne l'hanno fatta da padrone anche quest'anno. Ciprinidi, ciclidi, loricaridi e gobidi sono sul podio e, a parte alcune specie di gobidi, sono tutti taxa d'acqua dolce.

Scorrendo i titoli escono fuori un paio di curiosità.
I tassonomi più prolifici sono:
l'australiano Gerald Allen con 14 articoli, sopratutto pesci marini;
il sudamericano Costa con 10, ciprinodontidi neotropicali;
l'asiatico Ng (qualcuno sa come si pronuncia?) con 11, siluriformi asiatici ;
Randall con 11, ossei marini.
Il campione è però Last con 23 lavori tecnici pubblicati riguardanti in special modo i pesci cartilaginei.

La scorsa è stata veloce e ho preso in considerazione solo il primo nome sul riferimento. Quindi sono cifre estrapolate per difetto (Costa ad esempio ne ha molti di più). La prolificità è data sicuramente dalla "facilità" con cui si costruisce un lavoro tassonomico rispetto agli altri ambiti biologici.
Anche se la data di pubblicazione non è contestuale alla fine di un lavoro (il peer reviewed ha i sui tempi e molti lavori pubblicati a inizio anno sono in realtà completati l'anno precedente) e considerando anche che alcuni articoli hanno meno di 10 pagine (bibliografia compresa), rimane comunque l'impressione che alcuni ricercatori si carichino sulle spalle una mole di lavoro impressionante.

Ma anche all'interno dei singoli articoli si possono trovare numeri importanti. Da questo punto di vista vince a mani bassi Lucinda che in un singolo lavoro ha descritto 21 nuove specie di Phalloceros (pecilidi centroamericani).
Degni di nota anche i lavori strettamente tassonomici sui ciclidi neotropicali del genere Australoheros (e qui rimando alle considerazioni di Enrico e Livio),le analisi molecolari dei ciclidi dei grandi laghi africani, le descrizioni di alcuni cavallucci marini nani e la descrizione di alcuni Etheostoma del nordamerica (a riprova che anche in zone "vecchie" si può sempre scoprire qualcosa di nuovo).

Eh si, la tassonomia non solo non è morta e sta bene, ma gli si prospetta anche una seconda giovinezza.

28 dicembre 2008

Natale in casa subocellatus


Le larve si vedono appena. Il fatto che siano criptiche per natura non aiuta la mie scarsa attrezzatura e le mie ancor più scarse doti fotografiche. A scanso di equivoci le ho cerchiate.




Le larve hanno ancora parecchio vitello nel sacco quindi si muovono poco e non si alimentano. La madre li ha portati fuori dal sito di deposizione, sotto una radice di torbiera, portandoli allo scoperto. Di solito la nidiata non ancora metamorfosata viene si spostata, ma in luoghi più tranquilli e riparati. Probabilmente ciò è dovuto al fatto che questa è la prima riproduzione e che la vasca è relativamente tranquilla.

Metto anche un paio di video. Il maschio è un pò acciaccato per la solita indolenza che i maschi del genere mostrano nei confronti delle cure parentali. Le femmine di solito non gradiscono e con le cattive li rimettono in riga. Ma i rapporti di coppia sono sempre parecchio strani. Come ho detto ci tornarò con più calma appena avrò un pò di tempo.





Aprofitto per fare gli auguri a tutti. Anche se Natale è passato sono ancora in tempo per l'anno nuovo.
E come salutava qualcuno...

Best Fishes

12 dicembre 2008

Pelvicachromis subocellatus

In attesa dei gobidini, attesa che per inciso potrebbe durare ancora a lungo, e spinto dalla passione di un altro socio AIC di Roma, sono tornato ad un altro vecchio pallino. I ciclidi dell'africa occidentale.



Questi dovrebbero essere dei P. subocellatus "matadi". Il condizionale è d'obbligo. La biologia dei P. subocellatus in natura è praticamente sconosciuta e se a questo sommiamo i soliti problemi che affliggono i pesci riprodotti (selezioni volontarie e non, colli di bottiglia e ibridazioni tra popolazini intraspecifiche), la convinzione di avere un fenotipo "puro" è assolutamente velleitaria; per amore di discussione li chiamerò, quindi, solo con il binomio, questo almeno è sicuro, e senza orpelli biogeografici.

Ma al di là dei soliti dubbi geotassonomici la cosa più interessante dei Pelvicachromis è il paradosso ecologico-riproduttivo che si portano dietro. Il paradosso proviene: dal dicromatismo inverso, dal fatto che i maschi di alcune specie di Pelvicachromis possono haremizzare con maschi satelliti e dalla evidente asimmetria nelle cure parentali. La questione è diffusa in tutta la tribù dei chromidotilapini (il taxon ora sappiamo essere monofiletico) e in pocchissimi altri taxa di ciclidi (al volo mi vengono in mente solo alcune Crenicichla, che però vivono in un altro continente!).

Ok, l'argomento merita più spazio quindi mi fermo qui e riprendo la questione tra qualche giorno.

Caput mundi



Immagine presa da QUI

Mai vista una cosa del genere. Sta piovendo e domani dovrebbe continuare per tutto il giorno.
Senza polemica, ma una capitale del mondo non può collassare per dei tombini pieni di foglie.

Foto dell'Aniene dietro casa prese dal ponte della tiburtina altezza Ponte Mammolo. Ieri notte ha esondato. In quel punto di solito è largo una decina di metri. Ora sarà sui 30-35.


29 novembre 2008

Acquari in Certosa

Ieri hanno inaugurato.
Qui trovate il sito del Museo con annessa notizia dell'inaugurazione.

Relazione sui modelli evolutivi:






Relazione sulla diversità dei pesci delle acque interne:





Messo con priorità altissima sull'agenda.

Complimenti a chi ha pensato, finanziato e realizzato una struttura di questo tipo.

27 novembre 2008

Hic sunt poecilia


Durante la sua splendida conferenza, nell'ambito del congresso AIC del 2001, Lamboj fece un affermazione che mi lasciò parecchio perplesso.
I pesci che più facilmente riusciva a pescare in Africa centro-occidentale erano i guppy!

Se di Lamboj ci si può fidare ciecamente altrettanta fiducia possiamo riporre nella forza adattativa di questo piccolo pecilide. Onnivoro, dall'alto potenziale riproduttivo e incredibilmente adattabile alle più disparate condizioni ambientali riscontrabili nei climi caldi. Se a tutto ciò aggiungiamo un'elevata variabilità genetica otteniamo, come direbbero gli ecologi, una specie r-stratega con tutti i crismi.

La mia perplessità quindi non riguardava la competitività di Poecilia reticulata ma, piuttosto, l'inizio della diffusione di questa specie in Africa.
Se la diffusione in Asia come specie alloctona è tutta a carico degli allevamenti intensivi per il mercato acquariofilo, in Africa non può essere certo questo il motivo visto che li, di allevamenti, non ce ne sono.
Le cose, secondo me, sono due. Acquariofili possono aver rilasciato dei guppy "aquarium strain" in natura con troppa leggerezza. Il che è plausibile. Oppure qualcuno, anche in un lontano passato, può aver pensato di introdurre i guppy per la lotta alla malaria. Questo è ancora più plausibile. Visto che i pecilidi, con poche luci e molte ombre, venivano considerati ottimi antianofelici un pò in tutto il mondo.

Pochi fatti e qualche speculazione. Un certezza però c'è. Questi sono parecchio isolati e visto che ai fondatori non interessa il meccanismo che innesca il processo ma solo il processo evolutivo in quanto tale...beccatevi questi nuovi mirabolanti Poecilia sp. Congo:

Hai visto mai, magari tra un paio di milioni di anni scopriranno anche loro di aver avuto un' Eva africana.


25 novembre 2008

Divertissement

Preso da qui e da qui.
Qualcosa ho aggiunto qualcosa ho tolto.
Io mi sono sbellicato.

24 novembre 2008

...qualche volta ci si brucia.


(secondo)

La biologia della conservazione è la scienza attraverso la quale si cerca di conservare la biodiversità del pianeta.

Solitamente quando si parla di biodiversità si è portati a pensare alla diversità (quantità e qualità), delle specie presenti in un determinato ecosistema. In realtà la biodiversità, almeno a livello teorico opera su tre livelli distinti e allo stesso tempo correlati.

1) Bodiversità ecologica (biomi, ecosistemi, habitat ...)
2) Biodiversità genetica (individui, cromosomi, gen ...)
2) Biodiversità tassonomica (phyla, tribù, specie, sottospecie ...)

La correlazione è subito evidente. Non si può pensare di salvaguardare una specie se non si tengono in considerazione gli aspetti genetici delle popolazioni naturali e gli aspetti ecologici dell'habitat in cui queste popolazioni vivono.

Quando dico di "non comprare una determinata specie" è più che altro un appello alla presa di coscienza piuttosto che un dettame operativo potenzialmente utile.
Il mercato italiano è troppo piccolo, troppo povero e troppo arretrato per sperare in un qualsivoglia impatto sulle popolazioni naturali. Ma la "presa di coscienza" opera nella direzione culturale e questo è, e sarà sempre, un fattore positivo. La conservazione al livello operativo è attuabile solo ad un livello politico nei paesi interessati.

Molto spesso si sente parlare di conservazione delle specie in acquario. Sembra più una giustificazione alla bramosia di mettere le mani su specie rare che un reale interesse scientifico. Anche perché, diciamolo, per un appassionato sperare di conservare una specie nelle proprie vasche per una possibile reintroduzione è praticamente impossibile! Cosi come non è sempre automatica la salvaguadia attraverso la riproduzione in cattività. Anzi a volte capita che più una specie è riprodotta in cattività e più si fa intensa la "caccia" al selvatico. Vuoi perché dopo alcune generazioni gli esemplari riprodotti si possono discostare parecchio dei fenotipi naturali e vuoi perché avere selvatici nella vasche conferisce uno presunto status particolare all'acquariofilo in oggetto.
C'è anche da considerare l'aspetto economico. Un pesce pescato in un paese del terzo mondo costerà sempre meno di un pesce allevato e riprodotto nel secondo e primo mondo.

Senza falsi moralismi e a scanso di equivoci. Credo sia giusto pescare per il mercato hobbistico. Credo sia sempre positivo dare un valore a qualcosa di vivo piuttosto che a qualcosa di morto.
Gli strumenti scientifici per pescare "in sicurezza" ci sono. Prelevare senza distruggere non è solo auspicabile ma, cosa fondamentale, tecnicamente possibile.
Lo si fa? No. E' tutto demandato alle volontà politiche.
Come dicevo prima possiamo puntare, con buone speranze di successo, alla "presa di coscienza". Non sarebbe poco.

Se per Puntius denisonii la situazione è difficile perché non riprodotto in cattività per Scleropages formosus la situazione è diversa. Questa specie è riprodotto in cattività da almeno vent'anni (primo report del 1981 a Singapore).

Scleropages formosus (Muller & Schlegel, 1844)
gingko100/wikimedia commons



Diffuso nel sudest asiatico questa specie presenta quattro popolazioni fenotipiche:

gree/silver (tutto il SE asiatico)
cross back golden (Malesia occidentale)
super red (Kalimantan occidentale)
red tail golden (Indonesia)

La sua storia è particolare. Fino agli anni '70 S. formosus era un piatto povero delle popolazioni locali. Venica pescato poco e venduto a poco prezzo nei mercati del pesce. Alla fine degli anni '70 venne insignito, dai cinesi, dello status di portafortuna, decretandone cosi il lento e inesorabile declino.

S. formosus raggiunge la maturità sessuale intorno al 4° anno di vita, le poche uova (30-100) vengono incubate dal maschio. Essendo in cima alla catena alimentare le popolazioni naturali sono piccole e, a causa della territorialità, disperse sul territorio.
Oltre a questi 3 fattori (poche uova, popolazioni piccole e disperse), dobbiamo aggiungere anche l'erosione antropica dell'habitat...e il nuovo status di portafortuna (di certo non per lui).

Fortuna o no, secondo Kottelat, la specie è estinta in Thailandia; cosi come sono sparite alcune popolazioni delle Malesia e di Sumatra, tant'è che ad oggi è l'unico pesce osseo di aqua dolce in appendice I della CITES.
Ciò vuol dire che solo gli esemplari riprodotti in cattività possono essere commercializzati. Eppure non è cosi. Vengono ancora venduti esemplari selvatici.

Il paradosso però è un altro ed è anche abbastanza ridondante in questi casi. Tanto che vale anche per P. denisonii e per moltissime altre specie.
Da un punto di vista scientifico non ne sappiamo praticamente niente. Stiamo annientando quello che non conosciamo.

Forse è più facile, non lo so.
Sicuramente è più triste.


Testi e articoli consultati:

Rowley et al. 2008. Harvest, trade and conservation of the asian Arowana Scleropages formosus in Cambodia. Aquatic Conserv: Mar.Freshw.Ecosyst. 18: 1255-1262 (2008)


17 novembre 2008

A giocare col fuoco...

Riguardo alle estinzioni delle popolazioni e delle specie in natura, il mondo hobbistico ha sempre fatto spallucce. Dati certi non sono mai saltati fuori e le colpe sono sempre ricadute sulle altre attività antropiche ad alto impatto ambientale. Al limte si ammetteva il problema delle transfaunazioni (che è, oggetivamente, un problema enorme e potenzialmente molto più dannoso delle pesca intensiva di una specie), e chi si era visto, si era visto.

In soldoni il mantra recitava più o meno cosi: le specie ittiche di interesse hobbistico si estinguono ma è molto più probabile che l'estinzione avvenga a causa di inquinamento, deforestazione o rilascio di specie alloctone ad uso alimentare che non per la pesca intensiva dettata dalle assurde mode di un mercato acquariofilo assolutamente consumistico.

E' fuori di dubbio che le specie passino a miglior vita soprattutto a causa delle attività umane ad alto impatto. Ma nascondersi dietro al dito dell'antropizzazione mi è sempre sembrato poco elegante. Ora qualche dato comincia a saltar fuori.
Comincio con questo e se riesco domani finisco con un altro.

(primo)


Puntius denisonii Day, 1865
stan shebs/wiki commons

Puntius denisonii ha la sfortuna di fare la conoscenza con gli acquariofili nel 1996. Oggi ,poco più di dieci anni dopo, è ad un passo dal lasciarci definitivamente le pinne.
Endemico del Kerala, stato dell'India sudoccidentale, questo ciprinide di medie dimensioni (<15cm), se ne stava tranquillo nel suo piccolo areale. Durante la stagione dei monsoni (giugno-agosto), i giovanili maturavano sessualmente per prodursi, e riprodursi, in amucchiate decisamente asimmetriche (25 maschi : 1 femmina). Di indole tranquilla e pacifica si abbuffava con sontuosi banchetti di alghe filamentose, diatomee e materiale vegetale di varia natura. Aveva un solo problema...era troppo colorato per passare inosservato. Inzio della fine.

La tecnica adottata dai pescatori locali non è lungimirante. Gli esemplari si fanno pescare facilmente, durante la stagione dei monsoni, in grossi gruppi nelle zone di ripa. I giovanili, molto colorati, si portano via, gli adulti riproduttori si ributtano in acqua (molti per lo stress muoiono , sopratutto le femmine). Se elimini le nuove generazioni e le vecchie non le fai riprodurre non ci vuole molto per capire che il gioco durerà poco. E infatti.

Da diversi fiumi del Kerala la specie non si trova più. Da quelli dove ancora si riesce a pescare se ne pescano talemente pochi che il prezzo dal 2002 ad oggi è quasi quadruplicato.

Purtroppo se ne pescano tanti in natura perché la riproduzione in cattività ancora non è stata descritta (il solo report ufficiale proviene da uno zoo inglese, anche se a Singapore e in Israele ci stanno già lavorando).
La riproduzione in cattività porterebbe, però, solo ad abbassamento della pressione sulle popolazioni naturali, le quali, senza un progetto di conservazione serio e duraturo sarebbero, comunque, candannate.

Nel frattempo, e fossi in voi, io, non lo comprerei.



Testi e articoli consultati:

‘Damsel in distress’- The tale of Miss Kerala, Puntius denisonii
(Day), an endemic and endangered cyprinid of the Western Ghats
biodiversity hotspot (South India)
Aquatic Conserv: Mar. Freshw. Ecosyst. (2008)

Overfishing


Ne avevo parlato qui parlando del libro di Clover. La puntata di Report di questa sera parte dalle spadare calabresi e dalla pesca a strascico "ammazza poseidonia" per poi riprendere, grosso modo, i temi del libro. Temi che riguardano l'overfishing, le sovvenzioni folli alla pesca indusriale "pesante", la svendita del golfo di Guinea all'Europa e le tecnologie avanzate che si usano oggi (l'avanzamento delle tecnologie di pesca è inversamente propozionale alla quantità di pesce presente nei mari).
Il servizio sfiora appena la crisi del settore in Inghilterra e non parla di quella, forse più pesante, del nordamerica orientale.

Il servizio (testo e video), lo trovate qui.

Ah si, parla anche del pangasio (il pesce-ratto di fantozziana memoria dovrebbe rendere l'idea), che insieme alla tilapia e alla perca del Nilo fa bella mostra di se su tutti i banchi di pesce d'Italia.


Secondo Thomas Huxley i mari sarebbero sempre stati una fonte inesauribile di pesce.
Aveva sottostimato qualcosa.


31 ottobre 2008

Tirando le somme

Due anni esatti dall'inizio del Percomorfo.

Confesso che mi diverto molto a tenere in ballo 'sta cosa. Sono contento che anche altri si siano buttati, o che si stiano buttando, nella blogosfera. Il blog di Livio è fantastico; quello di Enrico promette scintille e so che anche altri ci stanno pensando (Davide, che cosa stai aspettando?).
Su tutti però ringrazio rogolino mio bello e il conte Zaroff (quello delle Sarracenie), quando inziai scrivevo più per loro che per me.

Visto che qualcuno ogni tanto mi chiede qualcosa riguardo a quello che ho al momento do un' aggiornata generale prima del fine settimana. Manca un pò di roba all'appello ma grosso modo le cose importanti le ho messe.


Comincio dall'interno:


Queste sono le due vaschette gemelle.



In quella sulla scrivania ci sono un gruppo di Nannostomus marginatus e di Corydoras pygmeus.






In quella a destra ci sono gli Sphaerichthys osphromenoides.
(li ho spostati in una vasca più piccola per poterli gestire meglio...c'è da lavorarci su e parecchio anche)


60x40 mudwellwer
(femmina di kungweensis ho trovato il maschio e appena posso lo vado a prendere)


80x40 (se li trovo ci vanno i gobidi, al momento qualche L260, una femmina di Copella arnoldi di cui sto cercando il maschio)


Finisco con l'esterno:

Vasche con gli Aphanius fasciatus. I piccoletti hanno retto bene al pauroso abbassamento di pressione e temperatura di questi giorni. Sono indistruttibili. I mop non li ho più messi se ne riparla in primavera.



Scorcio delle vasche con piante acquatiche




Purtroppo non ho avuto la possibilità di mettere pesci quest'anno (ne avevo parlato in un altro post sulle possibili specie da inserire). Peccato, sarà per l'anno possimo.
In foto si vede la crescita abnorme di Aeschynomene fluitans. Visto che con ogni probabilità non passerà l'inverno all'esterno e visto che non ho pensato a "fare" dei semi, chiunque ne volesse un pò da mettere in in una vasca dentro casa (aperta e con forte illuminazione) non ha che da chiedere. Farebbe un favore alla pianta e a me. Questo vale anche per l'Eichornia crassipes e per un vasetto di Michrantemum micranthemoides. Ovviamento cedo a titolo gratuito. Fatemi sapere!

Queste sono per i succitati Zaroff e Rogolino.

Sarracenia leucophylla

Sarracenia alata




24 ottobre 2008

Il primo amore


E' stato un colpo di testa. Ma non ho resistito.
Gli Sphaerichthys osphromenoides sono la mia specie feticcio. Dall'ultima volta che li ho avuti sono passati diversi anni. Spero di portarli alla riproduzione questa volta (cosa che non mi era riuscita pur avendo allevato un gruppo di S. osphromenoides per più di due anni).
Qualche anno con le "mani a mollo", e la positiva esperienza con le Malpulutta kretseri, spero possa fare la differenza.
L'acqua non è ancora perfetta ma ci sto lavorando. Il cibo (vivo), non manca. La vasca è di buone dimensioni ed è tutta per loro.

Fatemi gli auguri che questi schiattano anche solo a guardarli male.

Vado a torbare l'osmosi (che per me è un pò come l'odore del napalm la mattina appena alzati!).

17 ottobre 2008

Rendez-vous sulla luna.

Nel bel mezzo della "struttura" gouldiana ho poco tempo per seguire il blog.
Chi lo ha affrontato a suo tempo sa di cosa parlo.

Nei ritagli di tempo inseguo la mia ultima "scimmia" ittiologica. Per scaramanzia non dico nulla.
Lascio una foto come indizio...no, non è la luna boscosa di Endor.


02 ottobre 2008

Mahengechromis (dall'eocene alla blogosfera il passo è breve)

Qui e sul mio blogroll trovate un nuovo blog che ha tutti i numeri per diventare una roba interessantissima.

Livio, che per inciso è biologo e divulagatore, è uno dei pilastri fondatori di AIC (Associazione Italiana Ciclidofili).
Mica percomorfi qualsiasi.

Era da tempo che mi chiedevo del perché l'ittiologia e i ciclidi fossero cosi poco diffusi nel mondo dei blog. In italiano, di specifico, non c'è niente e anche nella blogosfera anglofona le cose non vanno meglio. Avete presente il "dove sono tutti quanti?" del paradosso di Fermi?
Ecco mi sentivo cosi.
Quindi ora sono doppiamente contento.
Sono contento perché, se sui forum popolari parlare di ciclidi e/o pesci è praticamente impossibile (personalmente ci ho rinunciato), avere uno come Livio con un suo blog è un fatto estremamente positivo.
E lo sono ancora di più perché Livione è uno di noi; uno che si è completamente affrancato dalle logiche acquariofile e che mette al centro dell'attenzione i pesci e la loro storia naturale.

Il pesce che è in noi



Immagine di Il pesce che è in noi. La scoperta del fossile che ha cambiato la storia dell'evoluzione

Il sottotitolo recita una frase piuttosto ambigua figlia, credo, del battage pubblicitario. Nessun fossile può cambiare la storia dell'evoluzione. Le nuove scoperte possono darne una visione più accurata questo si, ma come lo stesso Shubin ammette " [il fossile] è stato trovato esattamente in corrispondenza del periodo temporale e del tipo di ambiente in cui ci si poteva aspettare di trovarlo". Anche definirlo anello di congiunzione presta il fianco a qualche perplessità. "Il nostro fossile è un meraviglioso intermediario tra i pesci e i loro discendenti sulla terraferma, ma le probabilità che sia un nostro antenato sono davvero remote. E' piuttosto un cugino dei nostri antenati". Con buona pace dei fanatici della catena dell'essere.

Mi aspettavo un libro incentrato sulla paleoittiologia e dell'affascinante, e ridondante, transizione acqua/terra. Il tema trattato è in verità molto più ampio. Quello del Tiktaalik roseae è più un pretesto per applicare, e ampliare, i nuovi dettami delle biologia evolutiva dello sviluppo all'uomo, piuttosto che il tema centrale dell'opera.
Shubin ricorre per tutto il libro agli strumenti dell'anatomia comparata classica, dell'embriologia e della biologia dello sviluppo in chiave evolutiva (evo.devo). L'esposizone è sempre chiara, semplice ed efficace. Un testo divulgativo al 110%; niente speculazioni teoriche, pochi tecnicismi e tanta sostanza.

In definitiva un libro fatto bene e che consiglio a tutti. Chiudo con la quarta di copertina, tratta da un recensione del Financial Times che è spassosissima:

Se volete capire l'evoluzione dell'uomo e degli altri animali leggete questo ottimo saggio. E se siete creazionisti, leggetelo comunque e poi pentitevi.



13 settembre 2008

AIC Faenza 2008



Manca una settimana. Io come al solito sarò indeciso fino all'ultimo e poi non andrò.
Qui trovate tutte le informazioni sulla manifestazione e QUI trovate il programma dettagliato.
Come molti hanno sottolineato, assistere alle conferenze di Heinz Buscher, non capita proprio tutti i giorni.


08 settembre 2008

Wrong way

Avevo un problema di parassiti branchiali. La cosa si era diffusa in tutte le vasche e la situazione si era fatta preoccupante Decido di dare una bella ripulita con un potente antiparassitario.
Di solito uso un bilancino per preparare la soluzione madre. Questa volta, non avendo il bilancino sotto mano, ho fatto ad occhio. MAI FARE AD OCCHIO CON I PRINCIPI ATTIVI, MAI!!!.
Parassiti sterminati, qualche pesce ha accusato un pò ma niente che un buon cambio d'acqua non potesse risolvere in un paio d'ore.

Tutti tranne uno.



La femmina di Lamprologus kungweensis è andata. Mi rode parecchio stavolta. Per due motivi.
In primo luogo per la modalità del decesso. Capita di perdere degli esemplari ma perderne uno cosi è proprio da idioti. Non sono un fan della solzione farmacologica, anzi. Uso medicinali solo se veramente costretto e vista la poca manegevolezza dei prodotti sto attentissimo ai dosaggi. Lo dico come aggravante non certo come scusante.
Secondo: l'esperienza con gli scavatunnel non è propriamente andata come speravo all'inizio. Ci speravo parecchio e lo confesso; mi interessava moltissimo mettere i pesci in condizioni favorevoli e mi ero studiato la realtà del "mud-dwelling" al meglio delle mie possibilità. Avevo allestito secondo stretti dettami ecologici. Sabbia, tunnel, acqua pulita, cibo adatto e nessuno stress esterno. Eppure alla casella covate andate a buon fine 0 spaccato.
Forse deponevano all'interno dei tubi senza far mai uscire i piccoli o forse i tubi non andavano bene (in verità a turno li hanno provati tutti, scavando e dissotterrando come ossessi), preso da disperazione ho provato anche con dei gusci di lumaca.
Troppi forse; ho sbagliato qualcosa senza avere la minima idea di cosa sia andato storto. Ora il problema è se continuare con loro prendendo un altra femmina o lasciare stare e dedicare la vasca a qualcosa d'altro.
Potrei cambiare il materiale dei tubi sostituendolo con del pvc rigido, questo si. Altro al momento non mi viene in mente.

Ogni idea è ben accetta.

Percomorfo amareggiato.

Errata corrige: a passare a miglior vita è stato il maschio come si vede molto bene dalla foto.
Mi sto rincoglionendo in via del tutto definitiva. La traduzione in inglese ha la forumla corretta.

04 settembre 2008

Io lo segnalo, magari interessa

Gli svizzeri sono forti con il cioccolato, con gli orologi e con la fisica delle particelle. E fin qui.
Ma se associate ittiologia, Svizzera e scienze naturali vi escono fuori due nomi. Il più famoso è sicuramente un certo Louis Agassiz.

Gli storici la mettono giù triste: grande naturalista, creazionista convinto e via dicendo, che ha la sfiga di trovarsi di fronte Darwin.
Muore in america, convinto delle sue teorie, mentre lavorava per l'università di Harvard (prima curiosità: lo stesso ruolo ricoperto da S.J. Gould diversi decenni dopo).
A parte che è meglio morire ad Harvard con una cattedra sotto le chiappe che non nella campagna inglese in preda a crisi ipocondriache.
Ma volete mettere uno che fa un viaggio in Brasile, nell'800, con la completa padronanza delle propria scienza, che sa cosa cercare e come cercarlo...con uno che parte su di un brigantino con un capitano aspirante suicida, per non farsi prete, "che mappo la costa; che i negri non sono poi cosi stupidi; che se trovo degli uccelli su delle isole sperdute non mi appunto manco su quale isola li ho trovati".

Vabbeh dico cosi per dire, non so di cosa sia morto Darwin, magari se l'è goduta parecchio pure lui, però la vita dello svizzero m'è sempre sembrata più figa. E poi a me piacciono più i pesci dei fringuelli quindi sono di parte e faccio il tifo per Louis (seconda curiosità: Apistogramma agassizi è dedicato a lui e Apistogramma elizabethae alla seconda moglie. Se qualcuno è a conoscenza di qualche altro intreccio me lo faccia sapere).

In realtà però volevo parlare di Maurice Kottelat non di Agassiz. L' altro nome che usciva fuori dall'associazione iniziale " ittiologia/svizzera". Mi sono fatto prendere dalla mano, chiudo in fretta, giuro.

Per chi non lo conoscesse Kottelat è uno dei più grandi ittiologi tassonomi contemporanei. Un tassonomo con attributi che fumano a pressione.
Perché Kottelat? Perché i vertebrati più piccoli al mondo sono dei pesci e dell'ultimo la descrizione è fresca fresca . Tre specie per la precisione e tutte appartenti al genere Paedocypris. Tutte e tre le specie, e ovviamente il genere, sono stati descritti da Kottelat.

Quando dico che sono piccoli non scherzo. Qui stiamo sul centimetro scarso di lunghezza standard (fino al peduncolo caudale, senza la pinna caudale per intenderci)

copyright unknow


Qui trovate il pdf con la descrizione dell'ultima specie.
A parte la pappardella meristica che di solito annoia parecchio c'è una sequenza di foto impressionante che riguarda la riproduzione.
Ci sono anche un paio di riflessioni sullo sviluppo particolare delle pinne anali.

Svizzera. Terra del cioccolato, degli orologi, di acceleratori di particelle...e di grandissimi ittiologi.






02 settembre 2008

I conti non tornano


Notizia di ieri: hanno arrestato Heiko Bleher e la moglie. Al momento sono detenuti nel carcere di Manaus.

Giornale brasiliano 1
Giornale brasiliano 2
Giornale brasiliano 3

Premessa n° 1: il Brasile, attraverso l'ente preposto alla conservazione ambientale IBAMA, qualche anno fa ha dato un bel giro di vite. Si esporta di meno, pescano solo quelli con licenza regolare e per quanto riguarda la ricerca scientifica ogni ricerca sul campo condotta da università straniere deve essere accompagnata da un ricercatore residente.

Premessa n° 2: Heiko Bleher è un grande dell'ittiologia. Al di la delle simpatie/antipatie che un personaggio cosi ridondante può attirarsi nessuno può negare il contributo di quest' uomo alla causa scientifica e ambientale. Ha scoperto centinaia di specie in tutto il mondo, si batte da anni per un vera politica di conservazione degli ecosistemi e delle poplazioni indigene e, cosa fondamentale, ha fatto molto di più lui per il Brasile che non le istituzioni ambientali preposte allo scopo e che si sono alternate in Brasile in questi ultimi decenni.

Senza entrare nel merito delle vicenda appare evidente che i conti comunque non tornano. Magari è stato beccato con quelche pesce sotto formalina durante un banale campionamento sul campo. Magari non aveva il famoso ricercatore residente ad accompagnarlo. Magari qualche gonzo che portava a spasso per i safari fotografici che organizza non ha resistito e si è messo in tasca una manciata di apistogramma.
Magari qualsiasi cosa possibile e inimmaginabile...ma i conti comunque non tornano.
Troppi ettari di foresta primaria scompaiono ogni ora, troppe dighe su corsi d'acqua ad elevato endemismo continuano ed essere costruite e troppe popolazioni indigene continuano la loro lotta impari per la sopravvivenza perché tutto questo possa avere senso.

Regolamentare la pesca dei pesci ornamentali è un ottima cosa (e le disposizioni dell'ibama sono in gran parte condivisibili in linea teorica anche se assurde come applicazione sul campo), il problema è che tra qualche anno non avranno più nulla da regolamentare. Sperando che qualcuno se ne accorga per tempo, ma su questo oramai dubitano tutti, vorrei vedere uno come Bleher nella foresta a campionare e raccogliere pesci da mettere sotto formalina piuttosto che in carcere a dimostrare la follia di alcuni provvedimenti.

Qui trovate la petizione " Free Heiko" .

P.S.
La foto all'inizio del post viene da QUI. Dateci un occhiata.


01 settembre 2008

Coppia di noni

femmina a sinistra-maschio a destra


Purtroppo le femmine sono ancora piccoline. Da adulte sono quasi il doppio dei maschi. Appena riprendo la completa funzionalità della mano sinistra (ho avuto un piccolo incidente al pollice), gli preparo cmq il mop. Anche se credo che le riproduzioni siano rimandate all'anno prossimo tentar non nuoce.


25 agosto 2008

Tornato

Victoria amazonica
(Orto botanico di Amsterdam)

11 agosto 2008

Esistono più cose in cielo e in terra...

Lepidogalaxias salamandroides

Per chi non lo conoscesse basti dire che qui siamo quasi al livello del più blasonato celacanto.
Non aggiungo altro; trovate l'ottima scheda di Tim Berra cliccando il nome sotto la foto.

Ho messo questo pesciolino a simbolo dell'enorme quantità di roba che sarebbe bello affrontare; sia come speculazione divulgativa che come ittiologia domestica.

Se riesco a fare un paio di foto aggiorno la situazione delle vasche. Gli Aphanius fasciatus che ho preso qualche mese fa hanno raggiunto la taglia adulta...e sono uno spettacolo!
Se non riesco a fare foto decenti, cosa plausibilissima, abbraccio tutti i miei compagni di viaggio, pochi ma buoni, e arrivederci a settembre.

01 agosto 2008

Nessuna nuova, buona nuova


Poco da dire. E' tutto fermo. Prima di partire per la mitteleuropa aggiornerò su lebiasinidi, scavatunnel e noni.
Di contro è stata pubblicata un sacco di roba tecnica interessante. Spicca una corposa revisione del genere Peckoltia con un paio di specie nuove; revisione dei ciclidoni malgasci; studio evolutivo su Poecilia formosa (forse è la roba più intrigante del lotto); genomica dei discus; pettegolezzi vari (uno sul gladicauda sembra davvero succoso).

Come detto le vasche languono. Se dopo l'estate qualcosa deve ripartire sarà con balitoridi e gobidi. Mollo Africa e Sud America e me ne torno in Asia.




13 luglio 2008

Messico

Enrico nostro ci ha preso gusto dopo Africa e Sud America ecco le foto e i commenti del viaggio messicano. Trovate tutto qui:


Buon divertimento.

20 giugno 2008

Equilibri punteggiati

Il vecchio Jack Burton guarda il ciclone scatenato proprio nell'occhio e gli dice "mena il tuo colpo più duro amico, non mi fai paura".
Kurt Russell "Grosso guaio a Chinatown" 




Arriva lunedi.

14 maggio 2008

Si prega di allacciare le cinture, stiamo ancora evolvendo!

Siamo seduti come nani sulle spalle dei giganti. Fatto incontrovertibile.
Più difficile è valutare qualitativamente il contributo che ogni ricercatore regala alle generazioni successive e alla propria.
Nel mondo dei ciclidi il nome di George W. Barlow spicca sulla moltitudine e la valutazione, purtroppo postuma, non lascia spazio a dubbio alcuno. Barlow è stato pioniere, ricercatore di talento e grandissimo divulgatore. Gigante appunto.

Nel suo libro più bello "The cichlid fishes: nature's grand experiment in evolution" non si libra nei virtuosismi della biologia teorica che ci piacciono tanto. I ciclidi sono, de facto, un virtuosismo vivente.


"The cichlid fishes are a natural treasure, a priceless gift to Darwinists...The cichlid fishes are almost too good to be true, and nobody is better qualified to show them to us than George Barlow. But he does more than tell us about his beloved fishes. He makes his fishes tell us about ourselves."
Richard Dawkins




Grazie alla lungimiranza di alcune persone il libro è stato tradotto (benissimo tra le altre cose), in italiano. Ogni amante della natura dovrebbe averne una copia nella propria libreria.


Ad un pilastro come Barlow non poteva mancare una dedica tassonomica di livello. La dedica è arrivata e non poteva essere migliore.
Ingo Hahn e Uwe Romer gli hanno dedicato la più incredibile specie di Apistogramma mai scoperta: Apistogramma barlowi.
Ma andiamo con ordine.

Nel '99 si viene a sapere dell'esistenza di un Apistogramma incubatore orale proveniente dal Perù. Viene commercializzato come A. "breitbenden"/ "breastband" o "maulbrtuer" / "mouthbrooder". Clamore inverosimile. Tutti gli apisto depongono su substrato. Diverse strategie riproduttive è vero, poligamia in tutte le salse, monogamia, rapimento dei piccoli ecc., ma tutte le specie conosciute fino ad allora, descritte e non, deponevano su substrato.
Nelle stesse località di cattura si presumeva l'esistenza di un altra popolazione conservatrice che sembrava essere una specie davvero molto affine. Una incuba l'altra depone. Sembrava tutto molto coerente.




Ulteriore passo indietro. L'areale di distribuzione di A. barlowi interessa il Perù settentrionale; nelle acqua chiare del Rio Ampiyacu è sita la località tipo . Ora, la caratteristica dei corpi idrici sub-andini è l'estrema variabilità delle condizioni ecologiche anche nel breve periodo. La parola d'ordine è plasticità.
Quando aumenta la velocità dell'acqua c'è poco da stare allegri se il tuo investimento parentale più grande, le uova, sono state deposte sulla sabbia o peggio ancora su di una foglia secca. La covata rischia di essere spazzata via con tutta la tua sudatissima fitness. Teniamolo a mente.

Come tutte le specie del cacatuoides complex, A. barlowi si ritrova un gran bel capoccione una bocca enorma e labbroni non indifferenti. La prima regola dell'adattamento rapido è: usa quello che hai che per fare altre strutture c'è sempre tempo (sempre che la selezione naturale non ti spazzi via). Detto fatto. Le femmine portano in bocca le uova, le larve e i piccoli per lungo tempo. Anche i maschi qualche volta lo fanno (ma non ci sono molti dati a riguardo). La cosa bella è che, anche in condizioni sperimentali, la frequenza di femmine che incubano le uova in bocca aumenta moltissimo in condizioni di forte corrente dell'acqua e con sabbia come substrato. Plasticità dicevamo.
Plasticità perché questa specie si produce in questa particolare strategia solo in maniera facoltativa. Le due popolazioni che si presumevano essere due specie affini si sono rivelate essere lo stesso A. barlowi che semplicemente stava saggiando un paio di soluzioni eto-ecologiche.

Appare subito evidente il vantaggio adattativo e la possibilità concreta che questo tipo di soluzione possa diventare in breve tempo una strategia evolutivamente stabile.

In realtà a George Barlow era già stata dedicata una specie. Metriaclima barlowi.
Questa volta però il tributo sembra molto più azzeccato. A. barlowi è, a tutti gli effetti, un grande esperimento dell'evoluzione...ancora in corso.


Ultimissima segnalazione.
E' stato descritto anche un Dicrossus. La specie non descritta meno conosciuta in assoluto tra l'altro. Il nome commerciale era Dicrossus sp. "obenschwert". Il nome tecnico è ora D. gladicauda (gladius=spada; cauda=coda)
Purtroppo non trovo una foto da mettere nel post e in Italia non si è mai visto. Però per darvi un idea è molto simile al D. filametosus solo che la caudale non è a lira in quanto mancano i prolungamenti del lobo ventrale della caudale. Sembra la coda di un portaspada al contrario.
Il nostro amico vive in Colombia (rio Atabapo), acque nere (pH 4,4; 10 µS/cm), come in D. filamentosus la specie è poliginica ma il maschio non haremizza, vive in acqua basse e vicino alla riva tra il letto di foglie o la vegetazione di ripa semisommersa.
Se riesco a trovare una foto decente faccio il confronto con le altre 4 specie. Per ora infatti siamo a quota cinque:

D. filamentosus
D. maculatus
D. gladicauda
D. sp. "Tapajos"
S. sp. "Rio Negro"




10 maggio 2008

I tonni non sono mucche


"Tutti gli animali domestici si assomigliano; ogni animale non domesticabile è selvatico a modo suo."

Jared Diamond
(Armi, acciaio e malattie)




Interessante articolo sul tonno rosso (Thunnus thynnus) nell'ultimo numero de "Le Scienze" in edicola questo mese.
Qualche tempo fa avevo segnalato un libro che tratta l'overfishing (non solo del tonno); lo trovate qui.
Ora la storia è parecchio lunga, o corta dipende dai punti di vista, fatto sta che oramai tutte le speranze riposte nella conservazione della specie in natura sono andate perdute. Troppi interessi commerciali, troppi paesi da far ragionare e, fattore scatenante, una domanda che non cessa di dimuire da parte dei mercati orientali. Per chiudere il cerchio gli ecologi hanno decretato il fallimento degli allevamenti off-shore di esemplari giovanili selvatici. Inquinano troppo.
L'unica speranza è la riproduzione in cattività per avere disponibile uno stock destinato al mercato mondiale. Questo è il tema centrale dell'articolo di Richard Ellis su Le Scienze. L'articolo non dice moltissimo su come pensano di riprodurre una specie cosi particolare come può essere il tonno rosso. Vuoi perché, visto lo stampo pioneristico dell'iniziativa, manca bibliografia essenziale; vuoi perché, visto il business in ballo, chi trova delle soluzione efficaci non le grida certo ai quattro venti. Quello che appare chiaro è che per ottenere una F1 anche quantitativamente scarsa, sono in ballo milioni di dollari in tutto il mondo.

Quel che è certo è che ci sono moltissimi enti di ricerca privati e pubblici che stanno dedicando soldi ed energie alla riproduzione dei pesci marini. La sfida è difficilissima e i risultati ad oggi non molto entusiasmanti. Anche nel settore hobbistico molte aziende ed università si stanno cimentando nella riproduizione dei pesci marini per il mercato dei pesci ornamentali. Qualche risultato è stato ottenuto ma vista la scarsa produttività i pesci F1 non sono ancora competitivi sul mercato e si preferisce commercializzare esemplari selvatici.

Quello che però trovo di maggiore interesse non è la questione socio-economica ma bensi la questione ecologica.
Sarebbe interessante calcolare il rapporto tra specie d'acqua dolce e specie marine che è possibile ripodurre in cattività. Non mi stupirebbe un rapporto 200:1. Considerando anche che numericamente le specie che vivono nei due ambienti praticamente si equivalgono (15000 ca. le specie d'acqua dolce/salmastra, 16000 ca. quelle marine), la sproporzione appare davvero enorme.
Le ragioni di questa disparità sono tutte nell'ecologia dei due ambienti. Le acqua interne sono davvero un inferno ambientale se paragonate ai mari. I pesci che le abitano sono campioni di adattamento in un mondo ostico e competitivo. Non che nei mari la vita sia facile ma nessun pesce marino dovrà mai affronate oscillazioni vertiginose di pH oppure abbassamenti repentini della concentrazione di O2 disciolto. Senza contare la pletora di parassiti che sono esclusivi dei pesci d'acqua dolce.
Tutto questo evidentemente li ha portati ad avere una minore produttività e una maggiore adattabilità. Non faccio 10 milioni di uova ma le poche che faccio le faccio come Dio comanda. Cio' si traduce in uova grandi, con embrioni che maturano quasi completamente all'interno dell'uovo e conseguente contrazione della fase larvale post-schiusa. Ah si, dimenticavo la cosa più importante...se trovo un compagno/a che darwinianamente mi garba me lo/la trombo senza troppe storie.
Forse ho generalizzato troppo ma il concetto più o meno è questo.
Tutto ciò si riflette ovviamente sull'aspetto della domesticazione dei pesci. E' torniamo all'incipit di Diamond. Tutte le specie che abbiamo domesticato, dai ciprinidi asiatici ai pecilidi americani passando per i ciclidi e i labirintidi, tutto sommato si somigliano. Variabilità genetica ed estrema facilità riproduttiva. Versatilità ambientale ed ampi areali di distribuzione.
Non tutti i taxa sono rose e fiori però; quando penso ai cobitidi o ai mormiridi non vedo grosse differenze con i pesci marini. Ma credo che, come sempre, la chiave ecologica sia l'unica prospettiva utile da cui osservare queste sfide.
Resta il fatto che sappiamo ancora troppo poco.
Sappiamo poco sull'effetto che alcuni fatori ambientali hanno sull'attività riproduttiva (e.g. pressione), anzi spesso non sappiamo proprio quale fattore ambientale sia davvero determinante e discriminante.


Spero davvero che il progetto di riproduzione del tonno rosso vada a buon fine. Sono pessimista però alcuni aspetti dell'ecologia animale dei pesci marini paiono davvero fuori dalla nostra portata.


06 maggio 2008

NaCl, come se piovesse

Gli Aphanius che vivono in alcune saline con densità demenziali fanno parte di catene trofiche tra le più piccole al mondo. In soldoni in questi bacini riesce a crescere solo un produttore primario (alga unicellulare), un consumatore primario che si pappa l'alga filtrando l'acqua (Artemia sp.) e consumatore secondario che si pappa l'artemia (Aphanius fasciatus). Fine della storia.
Il tutto avrà sicuramente più spazio in un altro post in programma. Appena ho tempo di reperire tutta la bibliografia vedrò di far uscire fuori qualcosa di più sostanzioso. Anche perché questi killi sono incredibilmente specializzati nel vivere a diverse densità attraverso una regolazione genica fine. Eurialinità allo stato dell'arte.


Vabbè il punto adesso è un altro. Quando mi hanno dato questi Aphanius mi sono fatto prendere un pò dal panico. La cosa è stata improvvisa (preavviso di 24h), non avevo vasche libere in casa e l'unica soluzione era quella di mettere su una vasca esterna.
Piglio un vecchio 60 litri e ci metto del sale marino sintetico per 120 litri (la densità del sito di raccolta era 1040 , mica uso il termine "demenziale" tanto per dire), acqua di rubinetto e un legnetto per tranquillizzarli. La vera preoccupazione era il filtraggio. Non potevo usare le piante che uso di solito (nessuna pianta superiore potrebbe sopravvivere in quelle condizioni nemmeno le alofite più estreme) e neanche un qualsivoglia sistema di filtraggio (dove ho le vasche non ho energia elettrica). L'unica speranza era riposta nell'acqua dei pesci.
Se li dentro erano sopravvissute anche solo una manciata di cellule fotosintetizzanti tutte le preoccupazioni sarebbero state inutili.


Prometto di cambiare foto appena possibile. Ma volevo mostrarvi il "miracolo".
Dopo 3 settimane acqua verde, pesci in salute e zero preoccupazioni. Mangiano come porcelli vivo e secco (pense sempre più che il cyclopeeze sia un dono del cielo).
Ancora qualche settimana all'ingrasso e poi si parte con un paio di mop sintetici.

04 maggio 2008

Nani e Nerd (messa cosi suona male però)

Ho una bella mezz'ora libera per scrivere sul blog. Non vedevo l'ora.
Niente aggiornamenti sulle vasche domestiche però. Segnalo un paio di cose e ci faccio scappare giusto giusto un paio di riflessioni.

Chi segue la mailing list dedicata ai ciclidi nani già lo sa. Lo dico anche qui per quelli che non sono iscritti alla ML.
Il buon Lorenzo Bardotti ci ha dato dentro è ha creato davvero un gran bel sito interamente dedicato ai Ciclidi Nani . Al momento si possono già leggere diversi articoli presi dai siti di due che con i nanetti ci sanno fare (Massi e Biggia). Il tocco di Graziano (Playfish, che trovate nella barra dei link, è opera sua), completa un opera davvero interessante.
Come spiega Lorenzo nell'intro del sito una realtà del genere in Italia non esisteva. Aggiungo che il livello con cui si parla di ciclidi in generale (a parte un paio di forum come quello di AIC e quello di Cichlidpower) è scandalosamente basso e di solito si migra sui forum americani o asiatici.
Lo so che Lorenzo non ama molto i forum (lo capisco perché anche io come lui sono nato e cresciuto sul NewsGroup), ma credo che quella particolare diramazione del sito possa trovare davvero una dimensione adeguata.

Sotto un interesse superficiale squisitamente hobbistico i ciclidini sono davvero una fonte inesauribile di speculazioni teoriche. Insomma dove è possibile trovare, grandi laghi esclusi, una radiazione come quella mostrata dal genere Apistogramma? E gli adattamenti alla acque iperacide delle molte specie che abitano il Rio Negro? Senza parlare dell'estrema complessità delle cure paranteli , del mate choice e dei più variegati comportamenti sociali.
Insomma, sotto il termine ciclide nano, che dice tutto e niente, c'è molto di più. Credo davvero che valga la pena pensarli come incredibili esperimenti eco-evolutivi di madre natura che non come piccoli ciclidi adatti a nanovasche come molti si ostinano a pensare.
Conoscendo Lorenzo e il suo "team" credo che le cose possano farsi davvero interessanti!

Sostanzialemte sono un nerd.
Non so come altro potrei definire un appassionato della branca meno apprezzata della biologia.
Uno che al primo anno all'università si scaricò tutto il codice dell'ICZN invece che fare gli esercizietti di stechiometria come tutti le persone normali; o che, tra un quadrato di Punnet e un test del chi-quadrato, sfogliava avidamente le notizie in breve de Le Scienze per vedere se c'era qualcosa di nuovo sul fantomatico citocromo mitocondriale di salcazzo animale sperduto per l'africa. Vi/mi risaparmio l'estasi per le chiavi dicotomiche o l'ebrezza data da caratteri diagnostici in chiave meristica. Tutto sommato un pò di pudore dovrei ancora averlo.
Sto parlando della tassonomia se non si era capito.
Più che altro croce, e molto poco delizia, di qualsiasi zoologo/botanico che si rispetti. Ovviamente parlo della tassonomia sensu stricto senza l'accompagnamento della sistematica che di solito rende il tutto più dignitoso.
Per carità trovo illuminante collocare parentele, descrivere relazioni e "disegnare" cladi, alberi e arbusti. Ma credo che senza un valido strumento tassonomico la sistematica si ridurrebbe e mero esercizio di stile.
Il più grande difetto della tassonomia, anzi non il più grande, diciamo il secondo in ordine d'importanza, è che non si è evoluta molto. E' una scienza che si è parecchio conservata nel tempo più per mancanza di strumenti davvero rivoluzionari che per volontà specifica degli addetti ai lavori. La biologia molecolare aveva dato grandi speranze ma il contributo maggiore è stato a beneficio della sorella più bella e formosa (sistematica) lasciando a bocca quasi asciutta la racchia occhialuta (tassonomia).
Mi fermo qui perché la mezz'ora è agli sgoccioli e rischio di non arrivare al punto.
Punto che vede il bravo nerd che rovista sulla sezione di un forum asiatico e si trova linkato un titolo del genere: Assessment of traditional versus geometric morphometrics for discriminating populations of the Tropheus moorii species complex (Teleostei: Cichlidae),a Lake Tanganyika model for allopatric speciation*.
Sulla morfometria geometrica qualcosa avevo già letto ma quest'articolo a momenti mi fa cadere dalla sedia. Per due motivi.
Il primo è che i Tropheus è un genere che ha dell'incredibile (6 specie nominali e 120 morfi simpatrici per la maggior parte stabili ed ecologicamente identici!!!). Il secondo motivo riguarda il confronto tra due approcci, imho, molto diversi (tradizionale VS morfometrica).
Il solo fatto di poter lavorare su di animali vivi offre un vantaggio enorme sui tempi, sulla mole di lavoro che si può svolgere e sull'accuratezza dei dati (smanettare per più di secolo con un olotipo che gira il mondo sotto formalina non risponde propriamente ai canoni di riproducibilità).
L'articolo evidenzia come il nuovo approccio sia particolarmente adatto a situazione di specie molto vicine tra loro e con discreta affinità filetica. Il caso dei Tropheus è perfetto quindi. Questo limita molto il campo d'azione in linea generale ma lo trovo davvero uno strumento eccellente per species flock, specie politipiche e chi più ne ha più ne metta.
Ammetto di avere un pò barato. Con questo nuovo modello operativo non si possono descrivere nuove specie. Per analizzare i denti faringei e gli otoliti si deve fare ancora alla vecchia maniera.
Ma io sono un nerd...e con queste cose mi gaso ancora come un clupeide in piena frenesia alimentare.




*
M. Maderbacher, C. Bauer, J. Herler, L. Postl, L. Makasa, C. Sturmbauer (2008): Assessment of traditional versus geometric morphometrics for discriminating populations of the Tropheus moorii species complex (Teleostei: Cichlidae), a Lake Tanganyika model for allopatric speciation
Journal of Zoological Systematics and Evolutionary Research 46 (2) , 153–161.




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