10 maggio 2008

I tonni non sono mucche


"Tutti gli animali domestici si assomigliano; ogni animale non domesticabile è selvatico a modo suo."

Jared Diamond
(Armi, acciaio e malattie)




Interessante articolo sul tonno rosso (Thunnus thynnus) nell'ultimo numero de "Le Scienze" in edicola questo mese.
Qualche tempo fa avevo segnalato un libro che tratta l'overfishing (non solo del tonno); lo trovate qui.
Ora la storia è parecchio lunga, o corta dipende dai punti di vista, fatto sta che oramai tutte le speranze riposte nella conservazione della specie in natura sono andate perdute. Troppi interessi commerciali, troppi paesi da far ragionare e, fattore scatenante, una domanda che non cessa di dimuire da parte dei mercati orientali. Per chiudere il cerchio gli ecologi hanno decretato il fallimento degli allevamenti off-shore di esemplari giovanili selvatici. Inquinano troppo.
L'unica speranza è la riproduzione in cattività per avere disponibile uno stock destinato al mercato mondiale. Questo è il tema centrale dell'articolo di Richard Ellis su Le Scienze. L'articolo non dice moltissimo su come pensano di riprodurre una specie cosi particolare come può essere il tonno rosso. Vuoi perché, visto lo stampo pioneristico dell'iniziativa, manca bibliografia essenziale; vuoi perché, visto il business in ballo, chi trova delle soluzione efficaci non le grida certo ai quattro venti. Quello che appare chiaro è che per ottenere una F1 anche quantitativamente scarsa, sono in ballo milioni di dollari in tutto il mondo.

Quel che è certo è che ci sono moltissimi enti di ricerca privati e pubblici che stanno dedicando soldi ed energie alla riproduzione dei pesci marini. La sfida è difficilissima e i risultati ad oggi non molto entusiasmanti. Anche nel settore hobbistico molte aziende ed università si stanno cimentando nella riproduizione dei pesci marini per il mercato dei pesci ornamentali. Qualche risultato è stato ottenuto ma vista la scarsa produttività i pesci F1 non sono ancora competitivi sul mercato e si preferisce commercializzare esemplari selvatici.

Quello che però trovo di maggiore interesse non è la questione socio-economica ma bensi la questione ecologica.
Sarebbe interessante calcolare il rapporto tra specie d'acqua dolce e specie marine che è possibile ripodurre in cattività. Non mi stupirebbe un rapporto 200:1. Considerando anche che numericamente le specie che vivono nei due ambienti praticamente si equivalgono (15000 ca. le specie d'acqua dolce/salmastra, 16000 ca. quelle marine), la sproporzione appare davvero enorme.
Le ragioni di questa disparità sono tutte nell'ecologia dei due ambienti. Le acqua interne sono davvero un inferno ambientale se paragonate ai mari. I pesci che le abitano sono campioni di adattamento in un mondo ostico e competitivo. Non che nei mari la vita sia facile ma nessun pesce marino dovrà mai affronate oscillazioni vertiginose di pH oppure abbassamenti repentini della concentrazione di O2 disciolto. Senza contare la pletora di parassiti che sono esclusivi dei pesci d'acqua dolce.
Tutto questo evidentemente li ha portati ad avere una minore produttività e una maggiore adattabilità. Non faccio 10 milioni di uova ma le poche che faccio le faccio come Dio comanda. Cio' si traduce in uova grandi, con embrioni che maturano quasi completamente all'interno dell'uovo e conseguente contrazione della fase larvale post-schiusa. Ah si, dimenticavo la cosa più importante...se trovo un compagno/a che darwinianamente mi garba me lo/la trombo senza troppe storie.
Forse ho generalizzato troppo ma il concetto più o meno è questo.
Tutto ciò si riflette ovviamente sull'aspetto della domesticazione dei pesci. E' torniamo all'incipit di Diamond. Tutte le specie che abbiamo domesticato, dai ciprinidi asiatici ai pecilidi americani passando per i ciclidi e i labirintidi, tutto sommato si somigliano. Variabilità genetica ed estrema facilità riproduttiva. Versatilità ambientale ed ampi areali di distribuzione.
Non tutti i taxa sono rose e fiori però; quando penso ai cobitidi o ai mormiridi non vedo grosse differenze con i pesci marini. Ma credo che, come sempre, la chiave ecologica sia l'unica prospettiva utile da cui osservare queste sfide.
Resta il fatto che sappiamo ancora troppo poco.
Sappiamo poco sull'effetto che alcuni fatori ambientali hanno sull'attività riproduttiva (e.g. pressione), anzi spesso non sappiamo proprio quale fattore ambientale sia davvero determinante e discriminante.


Spero davvero che il progetto di riproduzione del tonno rosso vada a buon fine. Sono pessimista però alcuni aspetti dell'ecologia animale dei pesci marini paiono davvero fuori dalla nostra portata.


1 commento:

  1. Ciao Faebio, interessantissima questione. Questa cosa della diffusione ex-situ/in cattività/in serra sarà sempre più comune in futuro e pertanto le strategie che si dovranno studiare per risolvere i problemi di oggi diverranno le linee guida per quelli di domani, per cui c'è da sperare non tanto che si faccia, ma che si faccia bene e alla svelta.
    Molte specie di Sarracenia, per altro, presto necessiteranno di un intervento analogo...
    E scusate se ricasco sempre sulla botanica

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