La tassonomia non è morta. Anzi, sta benissimo. Qui trovate l'istogramma relativo ai lavori eseguiti quest'anno in relazione ai taxa interessati. Il sito di riferimento è questo. Ci sono tutti i riferimenti bibliografici in ordine alfabetico (sul primo autore ovviamente).
Rispetto agli anni passati c'è stato un incremeto notevole. Dai 364 nuovi taxa del 2005 si è arrivati ai 477 del 2008. Il numero, a prima vista impressionante, racchiude in se non solo descrizioni con nomi nuovi (cioè di specie mai descritte prima) ma anche revisioni di taxa già formalmente descritti. Revisioni che molto spesso hanno visto l'uso dell'analisi molecolare affiancata all'approccio anatomico classico. Leggendo alcuni lavori (come ad esempio quello sui Macropodus), è evidente come una descrizione unificante del concetto di specie sia ancora da definire. Se la biologia molecolare riuscirà a sciogliere il nodo gordiano (euristicamente parlando lo sta già facendo), sarà solo il tempo a dirlo. L'impressione è che molti siano ancora attaccati alla vecchia diagnostica anatomica; che tutto sommato, c'è da dirlo, offre sempre un certo grado di sicurezza psicologica.
In futuro una percentuale di questi nuovi lavori sarà revisionata parzialemte oppure verrà totalmente soppiantata da altri lavori. Di alcuni lavori verà corretta la grafia dei binomi o invalidata la priorità diagnostica di alcuni caratteri. La cosa, la tassonomia intendo, funziona cosi (e per fortuna).
Il grafico non lascia adito a dubbi. I pesci delle acque interne l'hanno fatta da padrone anche quest'anno. Ciprinidi, ciclidi, loricaridi e gobidi sono sul podio e, a parte alcune specie di gobidi, sono tutti taxa d'acqua dolce.
Scorrendo i titoli escono fuori un paio di curiosità.
I tassonomi più prolifici sono:
l'australiano Gerald Allen con 14 articoli, sopratutto pesci marini;
il sudamericano Costa con 10, ciprinodontidi neotropicali;
l'asiatico Ng (qualcuno sa come si pronuncia?) con 11, siluriformi asiatici ;
Randall con 11, ossei marini.
Il campione è però Last con 23 lavori tecnici pubblicati riguardanti in special modo i pesci cartilaginei.
La scorsa è stata veloce e ho preso in considerazione solo il primo nome sul riferimento. Quindi sono cifre estrapolate per difetto (Costa ad esempio ne ha molti di più). La prolificità è data sicuramente dalla "facilità" con cui si costruisce un lavoro tassonomico rispetto agli altri ambiti biologici.
Anche se la data di pubblicazione non è contestuale alla fine di un lavoro (il peer reviewed ha i sui tempi e molti lavori pubblicati a inizio anno sono in realtà completati l'anno precedente) e considerando anche che alcuni articoli hanno meno di 10 pagine (bibliografia compresa), rimane comunque l'impressione che alcuni ricercatori si carichino sulle spalle una mole di lavoro impressionante.
Ma anche all'interno dei singoli articoli si possono trovare numeri importanti. Da questo punto di vista vince a mani bassi Lucinda che in un singolo lavoro ha descritto 21 nuove specie di Phalloceros (pecilidi centroamericani).
Degni di nota anche i lavori strettamente tassonomici sui ciclidi neotropicali del genere Australoheros (e qui rimando alle considerazioni di Enrico e Livio),le analisi molecolari dei ciclidi dei grandi laghi africani, le descrizioni di alcuni cavallucci marini nani e la descrizione di alcuni Etheostoma del nordamerica (a riprova che anche in zone "vecchie" si può sempre scoprire qualcosa di nuovo).
Eh si, la tassonomia non solo non è morta e sta bene, ma gli si prospetta anche una seconda giovinezza.
Scorrendo i titoli escono fuori un paio di curiosità.
I tassonomi più prolifici sono:
l'australiano Gerald Allen con 14 articoli, sopratutto pesci marini;
il sudamericano Costa con 10, ciprinodontidi neotropicali;
l'asiatico Ng (qualcuno sa come si pronuncia?) con 11, siluriformi asiatici ;
Randall con 11, ossei marini.
Il campione è però Last con 23 lavori tecnici pubblicati riguardanti in special modo i pesci cartilaginei.
La scorsa è stata veloce e ho preso in considerazione solo il primo nome sul riferimento. Quindi sono cifre estrapolate per difetto (Costa ad esempio ne ha molti di più). La prolificità è data sicuramente dalla "facilità" con cui si costruisce un lavoro tassonomico rispetto agli altri ambiti biologici.
Anche se la data di pubblicazione non è contestuale alla fine di un lavoro (il peer reviewed ha i sui tempi e molti lavori pubblicati a inizio anno sono in realtà completati l'anno precedente) e considerando anche che alcuni articoli hanno meno di 10 pagine (bibliografia compresa), rimane comunque l'impressione che alcuni ricercatori si carichino sulle spalle una mole di lavoro impressionante.
Ma anche all'interno dei singoli articoli si possono trovare numeri importanti. Da questo punto di vista vince a mani bassi Lucinda che in un singolo lavoro ha descritto 21 nuove specie di Phalloceros (pecilidi centroamericani).
Degni di nota anche i lavori strettamente tassonomici sui ciclidi neotropicali del genere Australoheros (e qui rimando alle considerazioni di Enrico e Livio),le analisi molecolari dei ciclidi dei grandi laghi africani, le descrizioni di alcuni cavallucci marini nani e la descrizione di alcuni Etheostoma del nordamerica (a riprova che anche in zone "vecchie" si può sempre scoprire qualcosa di nuovo).
Eh si, la tassonomia non solo non è morta e sta bene, ma gli si prospetta anche una seconda giovinezza.